80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Tre giorni di riflessione per evitare il contagio dell’odio

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Nemmeno in presenza di quella che appare sempre di più come una tragedia nazionale il linguaggio dell’odio ha taciuto, al punto di accusare di strage un governo che, pur commettendo molti errori, sta certamente dando il massimo per fronteggiare l’epidemia di coronavirus. Gli stessi che un mese fa sbraitavano per le eccessive misure di sicurezza oggi fanno volare insulti e parole di odio invece di adoperarsi perché tutto il paese unito combatta questo pericolo che minaccia tutti noi. In queste ore bisogna anche fare dei distinguo sul piano politico, dal momento che i governatori leghisti delle regioni più colpite dal virus usano parole ben diverse da quelle del loro leader e operano certamente nell’interesse dei cittadini insieme con il governo.

Ecco perché è fondamentale riflettere sui danni disastrosi delle parole di odio, sulle conseguenze terribili dello sdoganamento dell’insulto, della derisione, del bullismo sul più debole, sul diverso, su quello che si è deciso essere il nemico e che nemico non è. La drammaticità della situazione del contagio sta nelle ultime ore provocando una maggiore misura nei toni delle polemiche, ma resta il fatto che mai in passato, in presenza di drammi e tragedie di questa portata, si era arrivati a questo tipo di linguaggio.

Nell’evento dei prossimi giorni Articolo 21 sta investendo tutte le sue forze e sta già vincendo la partita del coinvolgimento, della partecipazione, del lavoro comune con decine di associazioni. E’ la strada giusta, l’unica che può dare un contributo concreto e pesante perché si arrivi ad una inversione di tendenza. Non posiamo accusare di tutto soltanto i social, dobbiamo fare tutti la nostra parte.

La carta di Assisi è nata per questo, ma ora tutti insieme dobbiamo attuarla nella pratica quotidiana, applicarla nelle nostre azioni, averla come faro nella professione, diffonderla con il ragionamento, la pazienza e la forza di chi difende i diritti di tutti, soprattutto dei più deboli.


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