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Sardine, un’idea che ha bisogno di idealismo per non spegnersi

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Le Sardine hanno restituito a tanti italiani la fiducia nel voto e la speranza nella buona politica. Hanno ridestato la coscienza civile e umana del nostro paese, che ormai da molti anni si era assuefatto all’uso dell’odio e dell’intolleranza come strumenti di consenso elettorale e aveva perso la fiducia nei valori espressi dalla Costituzione e dalle carte che tutelano i diritti umani. È un risultato importante, commovente e dovremmo annoverarlo fra le principali conquiste civili degli ultimi anni anche nel caso in cui il movimento fosse costretto a ridimensionarsi.
È un’ipotesi da prendere in considerazione, quest’ultima: lo scrivo con rammarico, anche perché ho devoluto, finora, tante energie per  la novità civile rappresentata dalle Sardine. L’idea di una rivoluzione semplice, ma irresistibile, basata sull’accortezza e il coraggio di “non abboccare” e “non legarsi” di fronte agli inganni e alle cupe ideologie della destra populista ha attratto come un magnete, negli ultimi mesi, gli spiriti liberi, che si sono riconosciuti e riuniti spontaneamente nelle piazze, senza identificarsi nella politica dei partiti e delle istituzioni. Nella loro veloce ascesa, le Sardine hanno rappresentato per la società civile quello che i Fridays For Future rappresentano per l’ambientalismo. Un movimento così non si era mai visto in Italia, con il suo linguaggio fresco, chiaro, privo di compromessi.
Purtroppo, però, dopo la crescita vertiginosa delle prime settimane, le Sardine attraversano ora un periodo di crisi, caratterizzato dalla disaffezione di tante persone che avevano dato vita ai primi flash mob. A mio avviso questa fase calante è dovuta all’inesperienza dei portavoce del movimento, che a contatto con il mondo politico-mediatico hanno sofferto le critiche e gli attacchi, cercando una sorta di legittimazione piuttosto che rappresentare il dissenso e la voglia di cambiamento delle piazze. Messi sotto pressione, si sono sentiti vulnerabili e hanno dismesso i panni della ribellione per rendersi riconoscibili ad interlocutori e avversari politici, indossando panni simili ai loro e banalizzandosi nella speranza di essere accettati. Così ogni intervista, apparizione in tv, discorso in pubblico sono diventati momenti di sfida, di sofferenza, di contaminazione e la formidabile idea collettiva si è trasformata in qualcosa di già visto e vissuto, che ha deluso gran parte delle persone che avevano abbracciato gli ideali espressi nel Manifesto delle Sardine. Questo non significa che i giovani promotori non siano bravi, carismatici, preparati e coraggiosi. Lo sono, tutti e quattro. E lo sono i tanti amministratori di gruppi Facebook, divenuti automaticamente referenti locali del movimento.
Sono qualità che, tuttavia, non bastano perché ad ogni uscita possa ricrearsi il miracolo degli inizi, con la sua imprevedibilità, la sua magica sincronicità, i suoi guizzi e bagliori capaci di infiammare passioni civili. E di far tornare al voto migliaia di italiani delusi, come è accaduto in occasione delle elezioni regionali in Emilia Romagna, quando le Sardine hanno causato la prima vera sconfitta politica di Salvini. In quei giorni ho avuto occasione di lavorare con numerose Sardine della regione, che a propria volta hanno creato reti efficaci di chiamata al voto, provocando un’impennata dell’affluenza alle urne, decisiva per gli esiti del voto. Attivismo, entusiasmo, amicizia, fantasia: ecco la formula con cui si è costruito quel risultato. È tardi per recuperare lo spirito di quell’impresa? Spero vivamente di no.
Il 20 febbraio scorso ho conosciuto Mattia Santori, durante un incontro con alcuni rappresentanti delle Sardine di Pesaro e delle Marche. È un giovane che crede profondamente in una politica pulita, al servizio dei valori costituzionali. Quello che si nota, rapportandosi a lui oggi, è che soffre di un notevole affaticamento, dovuto a una sequenza di impegni che da troppo tempo non gli concede tregua. Il fatto di trovarsi catapultato da un flash mob all’altro, le continue  interviste, i confronti con politici e giornalisti navigati, le enormi responsabilità che si è assunto gli impediscono di fermarsi a meditare e anche di ascoltare i consigli di chi gli vuole bene e desidera che tutto il suo lavoro non venga bruciato dal ritmo forsennato cui è costretto. Mi ha sorpreso la sua forza d’animo, che è ai limiti dell’incrollabile.
Sono però rimasto contemporaneamente stupito dal fatto che ricordasse solo vagamente il Manifesto delle Sardine, un testo tanto semplice quanto eloquente, che ha attratto il consenso di tante persone ed è stato letto integralmente durante i oprimi raduni. Quando gli ho suggerito di tornare alla chiarezza e alla pulizia civile del Manifesto delle Sardine, mi ha risposto: “Quale manifesto?”. Non lo ricordava, perché nella sua mente e nel suo cuore si accavallavano pensieri e sentimenti contrastanti, dubbi e scelte da effettuare. Immagino che eventi recentissimi come il flash mob del 14 novembre 2019 appartengano a un passato che è già remoto, nella sua percezione del tempo. Penso che le attuali responsabilità di cui Mattia si sente investito soverchino l’entusiasmo giovanile con cui ispirò e riunì il popolo delle Sardine. E penso che sia troppo solo, anche quando è circondato da tante persone, in tutto il paese. Mi auguro che chi lo affianca e ha la sua fiducia, inizi a proteggerlo, a dargli il tempo di maturare, di recuperare quel calore umano, quella spontaneità, quell’idealismo che hanno fatto innamorare per qualche settimana milioni di italiani.
Altrimenti, il miracolo delle Sardine potrebbe esaurirsi. Troppo presto e con il cruccio di tante persone, perché erano anni che non si assisteva a un ritorno così massivo – contemporaneamente fisico ed emotivo – della fede in un possibile cambiamento del nostro triste paese. Tornando al flash mob di Pesaro, non è stato particolarmente rappresentativo, così come non sono stati convincenti i più recenti raduni che hanno coinvolto le Sardine. È opportuno e onesto rilevare una volta di più come il movimento stia perdendo appeal sui giovani e sulla gente delusa dalla politica. Il fuoco sacro dell’entusiasmo sta esaurendo il suo vigore. Nel pomeriggio del 20 febbraio, al massimo quattrocento persone sono accorse in piazza Lazzarini e alcuni dei più giovani mi hanno confidato, a malincuore, che non parteciperebbero più, in caso di nuovi flash mob. A questa disaffezione va aggiunta la mancanza di supporto al movimento da parte delle forze politiche di centro-sinistra e il rifiuto di accogliere le associazioni civili e ambientaliste, che più volte hanno proposto di partecipare con i loro vessilli agli eventi di piazza.
A poche centinaia di metri dal meeting in piazza Lazzarini, Salvini teneva un comizio in piazza del Popolo. Non vi hanno assistito più di sette/ottocento persone, compresi i suoi oltre cinquecento invitati a cena e i tanti curiosi che non hanno mai applaudito le tipiche esternazioni populiste del capo della Lega. Abbiamo scattato una foto della piazza semivuota, durante il suo discorso, eppure i media locali hanno fornito una diversa lettura dell’evento: piazza gremita, oltre duemila persone, un trionfo personale del leader della destra. In questo clima, che è tornato quello precedente all’invasione pacifica del paese da parte delle Sardine, gli italiani hanno ricominciato ad abboccare alle lusinghe del populismo di destra e a legarsi.

* scrittore, co-presidente di EveryOne Group
Nelle foto, l’incontro con Mattia Santori (alla mia sinistra) e le Sardine di Pesaro e delle Marche

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