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PD: dentro, fuori, oltre

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Con la nomina di Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto, alla presidenza del partito non c’è dubbio che Nicola Zingaretti abbia battuto un colpo. Ha compreso, infatti, la necessità del PD di andare oltre se stesso, di allargarsi, di cambiare, di trasformarsi in quell’infrastruttura del riformismo italiano che per troppo tempo non ha avuto il coraggio di essere. Ha archiviato definitivamente il renzismo, la sua autoreferenzialità, il suo progetto politico incentrato su una sola persona, su un gruppo dirigente drammaticamente ristretto, su una visione sociale pressoché assente o, comunque, non in sintonia con l’evoluzione di un contesto che non è più, grazie a Dio, quello degli anni Novanta. Checché ne pensino i renziani, dentro e fuori il PD, il liberismo blairiano, la sinistra vincista, disattenta ai sindacati, intenta a precarizzare il lavoro e a privarlo di diritti, tutele e dignità, la sinistra privatizzatrice e vittima dell’ideologia del Washington Consensus non esiste più in nessun angolo del mondo. E quando prova a esistere, vedasi alla voce Macron, o non ha elettori o non governa, trovandosi a dover fronteggiare una rabbia sociale senza precedenti.

Se la sinistra vuole avere un futuro, deve avere oggi il volto di Sanders, della Ocasio-Cortez ma anche della nostra Elly Schlein e di Valentina, per l’appunto, sindaca di una realtà profondamente evocativa, luogo di una delle più atroci stragi nazi-fasciste, antifascista dichiarata e con un’aministrazione improntata alla valorizzazione della memoria. Del resto, Valentina, la cui famiglia venne coinvolta dalla tragedia dell’autunno del ’44, docente di Storia e Filosofia e amministratrice esperta e competente, nata politicamente nelle Fabbriche di Vendola e vicina al movimento delle Sardine, costituisce un’idea di PD inedita ma estremamente positiva e da incentivare. Incarna, difatti, l’idea di un partito aperto, capace di andare al di là dei propri schemi vetusti, di cogliere il meglio di ciò che si muove nella società, di riflettere sui propri errori e di superarli. Guai ora a perdersi in peana preventivi, col rischio che poi si rivelino illusori, ma guardando negli occhi questa ragazza, leggendo la sua biografia e osservando nomi e volti della nuova segreteria zingarettiana si ha l’impressione di un processo in atto. Un percorso da sostenere, cui guardare con passione e interesse ma al quale forse sarà anche il caso di partecipare attivamente, in quanto oggi di un’altra idea di sinistra c’è bisogno come l’aria. Al cospetto della peggior destra di sempre, dell’ondata xenofoba che si sta abbattendo sul Vecchio Continente, del cattiverio dilagante e del trumpismo che affligge l’umanità e genera quotidianamente odio e sofferenza, in un quadro del genere, opporsi è il minimo e rendersi protagonisti è indispensabile.

Bisogna partecipare scendere in piazza, esserci, gremire le iniziative politiche, rimontare i banchetti, rialzare le bandiere, scendere in piazza il prossimo 25 aprile, recarsi in massa a Monte Sole, andare a dire una preghiera sulla tomba di don Giuseppe Dossetti e ricostruire tutto ciò che in questi anni è stato distrutto. Perché di sinistra ribadisco, ne abbiamo tutti bisogno, compreso chi non se ne rende conto, compresi gli avversari, persino i trumpisti più incalliti e feroci, i quali prima o poi saranno chiamati a fare i conti con se stessi e con il proprio fallimento epocale.
Il PD oggi, eleggendo Valentina, ha battuto un colpo, ha dato un segnale di disponibilità, ha aperto una porta sul futuro. La cosa migliore da fare, per chi come me ne è uscito qualche anno fa, non rinnovando la tessera con profondo dolore, è adesso porsi la domanda sul proprio impegno, riflettere su come tornare a collaborare, non far mancare la propria voce nella richiesta di un’apertura definitiva che prenda in considerazione anche l’ipotesi di una federazione, di un superamento del PD stesso per costruire una casa nuova e più ampia. Senza abiure, senza processi sommari, senza damnatio memoriae e senza puntare il dito perché tutti noi, in questi anni, compreso chi si è maggiormente opposto alla deriva in atto, ha comunque commesso sbagli macroscopici che ci hanno portato alla più amara delle sconfitte il 4 marzo 2018.
Per dirla col ministro Provenzano, “la sinistra non ha perso, s’è persa”. E ora sta forse cominciando a ritrovarsi, a riscoprire la gioia dello stare insieme, a ricostruire la comunità di cui c’è necessità per guardare al domani con un minimo d’ottimismo.
Sosteneva il già menzionato Dossetti che la politica dovesse generare le buone pratiche e le leggi dal grembo della società. La chiamò socraticamente “maieutica” e questo adesso serve al PD. Che Valentina sia davvero una levatrice: saremo al suo fianco con convinzione e orgoglio.


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