La commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha varato ieri le “disposizioni… in relazione alla campagna per il referendum popolare confermativo indetto per il giorno 29 marzo 2020”: quello sul taglio dei parlamentari. L’articolato riguarda la Rai. Così ha fatto giovedì 13 con delibera analoga l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per la parte privata. Il testo della commissione di vigilanza è già sulla Gazzetta ufficiale e a seguire l’omologo dell’Agcom. I comitati (per il Sì o per il No) che si sono formati dovranno manifestare l’intenzione di partecipare alle trasmissioni entro cinque giorni (erano dieci nella versione precedente) dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. A quel punto un periodo uguale avranno le emittenti per rendere nota la programmazione e procedere con il sorteggio per stilare l’ordine delle apparizioni tra i soggetti protagonisti della campagna. Questi ultimi sono i delegati del quinto dei componenti del senato firmatari della richiesta di referendum; le forze politiche che costituiscano gruppo in almeno un ramo del parlamento o che abbiano eletto con proprio simbolo un deputato al parlamento europeo; i gruppi misti di entrambe le assemblee; i comitati, le associazioni e gli altri organismi collettivi rappresentativi di forze politiche (diverse dalle tipologie precedenti) e sociali di rilevanza nazionale.
I format sono quelli tradizionali: tribune, confronti, messaggi autogestiti. L’nformazione deve attenersi all’imparzialità e al pluralismo. La Rai è tenuta, poi, all’illustrazione delle materie del quesito referendario in modo esaustivo e chiaro.
Tutto bene, allora? Finora il tema referendario non è stato oggetto di attenzione particolare. Anzi. Le citazioni nei titoli dei telegiornali sono state miserrime: dal primo al dieci febbraio la parola referendum ha trovato spazio nei sommari solo una volta, nel Tg5. Silenzio pressoché assoluto. Tanto è vero che la data del 29 marzo è conosciuta al momento da una ridotta minoranza della popolazione. Eppure, si tratta di un referendum confermativo su un nodo cruciale per la democrazia, vale a la forma della rappresentanza.
A questo punto, come sempre ricordano i radicali, è fondamentale che almeno nel periodo che rimane prima del voto l’informazione metta tra le priorità una scadenza ormai imminente. Vanno chiarite le conseguenze sull’assetto del potere legislativo che, se passasse il taglio, cambierebbe di fatto la sua fisionomia. Insomma, cittadine e cittadini avranno pure il diritto di essere posti in condizione di sapere e di valutare di conseguenza.
Non solo. E’ fondamentale che le tribune e i confronti possano trovare una adeguata collocazione nei palinsesti, ad esempio a ridosso dei telegiornali di massimo ascolto. Ovviamente, è altrettanto indispensabile che le forze in campo impegnino le personalità più note e riconosciute, non trattando gli spazi referendari come una sorta di serie inferiore. Non è un caso che i talk, trasmessi sia dai canali pubblici sia dai privati, abbiano raggiunto uno standard significativo di ascolto. A parte il periodo dell’onnivoro festival di Sanremo.
Ma è altrettanto cruciale che l’Agcom verifichi l’osservanza della par condicio. Proprio il 13 febbraio l’Autorità ha tenuto l’ultima riunione del consiglio uscente. Infatti, altre al regolamento qualche decisione finale ha preso.
Il prossimo 18 febbraio saranno eletti dalle camere i componenti dell’Ufficio del Garante dei dati personali e dell’Agcom. Se ne sa qualcosa? Il silenzio è d’oro?