di Eleonora Camilli
Otto articoli in tutto per riaffermare la “forte comune determinazione a collaborare” per trovare una soluzione ai flussi di migranti irregolari e controllare i confini (sia marittimi che terrestri). Accento sul rispetto dei diritti umani e sul ruolo delle agenzie Onu
Foto da Agenzia Dire
ROMA – Otto articoli in tutto per riaffermare la forte comune determinazione a collaborare per trovare una soluzione ai flussi di migranti irregolari, sottolineando l’importanza del “controllo e della sicurezza dei confini libici, terrestri e marittimi, per garantire la riduzione dei flussi nonché la lotta contro il traffico degli esseri umani”. E’ quanto prevede il testo di modifica del Memorandum Italia-Libia, inviato nei giorni scorsi dal ministero degli Esteri italiano al governo libico. E di cui Redattore Sociale ha potuto visionare la bozza.
Il testo, pone l’accento sul controllo delle frontiere sia marittime che terrestri, sottolineando più volte che verrà assicurato il rispetto dei diritti umani. Innanzitutto entrambe la parti (governo italiano e governo di accordo nazionale dello Stato della Libia) si impegnano a proseguire le iniziative di cooperazione già adottate, si ribadisce il sostegno alle istituzioni di sicurezza militare con l’obiettivo prioritario di arginare i flussi di immigrazione irregolare. Nella pratica, l’italia si impegna a sostenere i programmi di sviluppo nelle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione irregolare. E riafferma il supporto agli organismi libici per il soccorso in mare e nel deserto, in particolare alla guardia di frontiera e alla guardia costiera del ministero della Difesa.
La Libia, da parte sua, si impegna nel controllo delle frontiere impiegando equipaggiamenti e attrezzature fornite nell’ambito dei programma di assistenza italiani ed europei, nel pieno rispetto del diritto internazionale. Dovrà agevolare le attività delle organizzazioni delle Nazioni Unite per “l’assistenza e il supporto ai migranti soccorsi in mare”, sia nei punti di sbarco che nei luoghi in cui saranno successivamente condotti. Nel testo si parla dei “centri di accoglienza ufficiali”, che la Libia, in particolare, si impegna a migliorare attraverso interventi di emergenza coordinati in ambito Onu e nel “pieno rispetto dei diritti umani”. La parte libica si impegna anche al rilascio dei soggetti più vulnerabili, come donne e bambini dai centri e alla chiusura dei centri che potrebbero essere coinvolti in iniziative militari. Da parte sua l’Italia formerà il personale coinvolto nella gestione del fenomeno migratorio in materia di diritti umani. Nella bozza si prevede anche l’istituzione di un Comitato che dovrà individuare le priorità d’azione e che individuerà gli strumenti di finanziamento e monitoraggio.
Il rinnovo dell’accordo in questi giorni è stato fortemente criticato dalle organizzazioni umanitarie che da tempo ne chiedono la sospensione, considerando la Libia un paese con cui è impossibile dialogare, e in cui non può essere in nessun modo assicurato il rispetto dei diritti umani. “Si tratta di una proposta in totale continuità con il MoU del 2008 e del 2017 che sembra non tenere conto né del conflitto che rende sempre più insicuro il paese né delle denunce che si moltiplicano sul trattamento inumano e degradante che subiscono i migranti – sottolinea Sara Prestianni di Arci, che dal 2006 si occupa di Libia e coordina il progetto di monitoraggio delle politiche di esternalizzazione #externalisationpolicieswatch-. Si continua a voler rafforzare la guardia costiera libica che ha il compito di respingere i migranti dall’inferno da cui cercano di scappare oltre a riproporre l’idea di un “muro virtuale” alla frontiera sud del paese. Proposta pericolosa se si pensa all’assenza di controllo di quel territorio del Governo di Serraj ma che risponderebbe agli interessi dell’industria della sicurezza grazie ai fondi europei e italiani che si potrebbero usare per la sua realizzazione”.