Gorizia democratica risponde, composta, all’ennesima provocazione della giunta di centrodestra che accoglie, in forma ufficiale, la delegazione (fatta per la quasi totalità di parenti e simpatizzanti ad eccezione di due reduci) della X Mas, di quei reparti militari di Julio Borghese che dopo l’8 settembre del ’43 si schierarono a fianco dei nazisti.
E lo fa con un corteo che sfila lungo il centro per ribadire, ancora una volta, un forte richiamo ai valori antifascisti su cui si basa la nostra Costituzione, mentre nell’atrio del municipio i vessilli della X Mas fanno da cornice all’omaggio floreale reso in onore dei dipendenti comunali deportati dai partigiani di Tito nel maggio del ’45. Una lapide ricorda i loro nomi. Sull’altro lato dell’atrio, a memoria perpetua, il grande marmo con il testo della motivazione del conferimento alla città di Gorizia, nel 1947, della Medaglia d’oro al valor militare.
E su quel marmo c’è scritto che Gorizia diede “col sangue dei suoi figli la prova del suo indistruttibile patriottismo segnando di luce gloriosa l’epopea partigiana”.
E allora di fronte a queste affermazioni, che odoreranno anche un po’ di retorica, serve riportare indietro nel tempo le lancette della storia? Nessuno nega ad alcuno di onorare i propri caduti; e il Battaglione Fulmine ne contò purtroppo 86 nei tre giorni della battaglia della Selva di Tarnova (ad una quindicina di chilometri a nord di Gorizia) che si sviluppò nel gennaio del ’45 tra la X Mas e i partigiani titini. Altra cosa è legittimare, come avviene ormai da anni, con una presenza in forma ufficiale, una celebrazione che con una commemorazione funebre poco ha a che fare. Ma questo poi non stupisce più di tanto in una realtà che, di fatto, nega la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e la mantiene, invece, per Benito Mussolini.