Nelle ore successive all’operazione militare del Pentagono che ha ucciso, tra gli altri, il generale iraniano Qassem Soleimani, abbiamo letto e ascoltato di tutto: il leader del partito che, stando ai sondaggi, detiene il più forte consenso popolare in Italia, affermare che era stato eliminato un “estremista islamico” (e tutto si può dire di Soleimani salvo che quell’estremismo non l’abbia combattuto); organizzazioni politiche già nella lista dei gruppi terroristici della Casa bianca plaudire al presidente Trump; persone che si dichiarano comuniste fare l’apologia dell’ex uomo forte di un regime, quello iraniano, che di comunisti ne ha messi a morte migliaia.
Soleimani, si è detto e scritto, era un santo e dunque Trump un assassino; Soleimani era un assassino e quindi bene ha fatto Trump a eliminarlo.
Azzeriamo tutto e lasciamo la parola ad Agnes Callamard, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni sommarie, arbitrarie ed extragiudiziarie, che in un lungo thread su Twitter ha espresso il suo, condivisibile, punto di vista:
“Gli omicidi di Qassem Soleimani e di Abu Mahdi Al-Muhandis sono con ogni probabilità illegali e violano il diritto internazionale dei diritti umani: in contesti che non sono di ostilità attive, l’uso dei droni o di altri mezzi per compiere omicidi mirati è praticamente impossibile che sia legale”.
“Perché sia giustificata dal diritto internazionale, la forza letale o potenzialmente letale può essere usata solo quando vi sia una stringente necessità di proteggersi da imminenti minacce alla vita”.
“Secondo la dichiarazione del Pentagono [l’uccisione di Soleimani] aveva l’obiettivo di ‘impedire futuri piani d’attacco iraniani’. Un’affermazione molto vaga: un conto è il futuro, un conto l’imminenza che è il requisito temporale richiesto dal diritto internazionale”.
“Però poi [la dichiarazione del Pentagono] pone maggiore enfasi su attività pregresse e violazioni attribuite a Soleimani. Da questo punto di vista, l’uccisione pare più un’azione di rappresaglia per il passato che un’azione anticipatoria di autodifesa”.
“Il riferimento al fatto che Soleimani stesse ‘attivamente sviluppando piani [d’attacco]’ è curioso dal punto di vista semantico così come da quello militare: è sufficiente per corrispondere ai criteri di necessità e proporzionalità?”
“Il concetto della cosiddetta azione anticipatoria di autodifesa è molto rigoroso: deve sussistere una necessità ‘istantanea, schiacciante e che non lasci alcuna scelta di mezzi e alcuno spazio per prendere decisioni’. Difficile che si possa applicare in casi del genere”.
“In altre parole, chi ha compiuto l’attacco dovrebbe dimostrare che le persone prese di mira costituivano un’imminente minaccia verso sé o altri. Il pregresso coinvolgimento di una persona in azioni di ‘terrorismo’ non è sufficiente a rendere legale la sua uccisione”.
“La dichiarazione [del Pentagono] non menziona le altre persone uccise insieme a Soleimani. Danni collaterali? Probabile. Un atto illegale? Assolutamente”.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21