29 anni, una eternità, per molti una buona fetta di vita nella speranza di una giustizia. Una speranza ancora in attesa per le 140 famiglie delle vittime, che vogliono sapere cosa realmente è accaduto quella notte del 10 aprile 1991. Ma anche per tutti i cittadini italiani, che hanno il diritto-dovere di conoscere la verità sulla più grave sciagura della marina mercantile italiana dal dopo-guerra. 29 anni subiti sulla nostra pelle di familiari, un fardello che ci accompagna ogni giorno, ogni notte, che non ci lascia mai, anche nel sonno o quando pensiamo di essere felici! Per tanti anni soli, con la consapevolezza che le istituzioni nel passato poco hanno voluto fare, con la certezza di un travaglio processuale volto unicamente a costruire una verità di comodo.
Finalmente un faro in una nebbia di cattiva giustizia si è acceso con il lavoro della Commissione Parlamentare di inchiesta. Un lavoro unico nel suo genere, una delle poche commissioni parlamentari che ha prodotto veramente tanto. Lascia un po’ perplessi il fatto che tre tra i più tenaci Senatori che hanno lavorato nei due anni di mandato, Silvio Lai, Luciano Uras e Sara Paglini, non siano stati rieletti. E’ molto strano….ma è la storia del Moby Prince. Grazie al lavoro della Commissione Parlamentare e al grande contributo arrivato dal libro di Francesco Sanna e Gabriele Bardazza “Il caso Moby Prince: la strage impunita”, in pochi anni è stata squarciato il muro di silenzio e sono state scardinate le conclusioni processuali del passato.
La verità è sempre più vicina e due Procure, quella di Livorno e di Roma, lavorano sui reati non prescritti. Ma la novità più importante dell’anno che sta finendo è la causa che i familiari delle vittime hanno intrapreso contro lo Stato, la cui prima udienza è fissata presso il Tribunale di Firenze per il 26 marzo 2020. Nello specifico i familiari hanno citato i Ministeri delle Infrastrutture e Trasposti e della Difesa sulla base delle evidenze scaturite dal lavoro della Commissione Parlamentare, riguardo alla mancata azione di controllo sul porto di Livorno e alla omissione dei soccorsi al Moby Prince da parte degli organi competenti. Rimane da capire cosa è successo al Moby Prince prima della collisione, un tassello mancante in un puzzle in buona parte ricostruito, e perché le assicurazioni delle compagnie di navigazione convolte poco dopo due mesi dalla strage si sono accordate tra loro. Ancora troppi scheletri rimangono nascosti negli armadi. Speriamo che il nuovo anno che arriva riesca a liberarne qualcuno.
Luchino Chessa, Presidente Associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince Onlus