Scriviamo in merito alla vicenda giudiziaria di Julian Assange, co-fondatore ed ex caporedattore del sito di informazione Wikileaks, che come saprete, è attualmente detenuto in custodia cautelare in Gran Bretagna presso il carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dopo essere stato forzatamente prelevato dall’ambasciata dell’Ecuador lo scorso 11 aprile. Quest’ultimo gli aveva infatti concesso asilo politico per la temuta persecuzione da parte degli Stati Uniti a causa della pubblicazione, tra il 2010 e il 2011, di documenti coperti di segreto militare, che testimoniano gravi crimini di guerra e violazioni dei diritti umani ad opera delle truppe americane di stanza in Afghanistan e Iraq (i cosiddetti war logs e i Guantanamo files).
I recenti sviluppi hanno dimostrato l’assoluta fondatezza dei timori di Assange: pochi giorni dopo il suo arresto, gli USA hanno infatti presentato alle autorità britanniche una richiesta di estradizione a seguito di un atto di accusa per “ avere sollecitato la sua fonte a rivelare informazioni coperte da segreto, esserne entrato in possesso e averle pubblicate. La legge sotto cui Assange è stato incriminato, il famigerato Espionage Act del 1917, punisce infatti la rivelazione di documenti secretati, senza alcun riguardo se chi li divulga è un cronista o un agente segreto al soldo di una potenza straniera e senza tenere in alcun conto l’interesse del pubblico a conoscere la verità, che costituisce la ragion d’essere del giornalismo.
Questa è la prima volta che l’Espionage Act, in passato usato per punire le gole profonde che portavano alla luce i misfatti dei governi, è rivolto contro un editore per criminalizzare attività che, come ben comprenderete, costituiscono il fulcro del giornalismo d’inchiesta e che vedono impegnati quotidianamente molti giornalisti, tra i più insigni e rispettati. Proprio per questo, diversi colleghi da tutto il mondo hanno levato la loro voce per esprimere il loro sconcerto e la loro preoccupazione di fronte ad un caso che (riporto le loro esatte parole) “stabilisce un precedente estremamente pericoloso per giornalisti, media e per la libertà di stampa. Non vogliamo assolutamente rimanere in silenzio” (fonte:
https://speak-up-for-assange.org/it/ ) .
Come George Washington ebbe a dire “senza la libertà di parola, possiamo essere condotti inerti e muti come un gregge verso il macello”; ma la libertà di parola è ben poca cosa e di ben poco valore quando non trae il suo sostentamento da una stampa libera e coraggiosa che mantiene i governanti negli stretti (e spesso scomodi) binari della democrazia. In qualità di cittadini che rappresentano i fruitori e i beneficiari ultimi della Sua professione, Le chiediamo pertanto di accogliere l’invito dei vostri colleghi a non restare in silenzio, ma di amplificare la loro iniziativa e di pubblicare quotidianamente sul Suo giornale/sito un trafiletto o un annuncio, anche di poche righe, “in sostegno a Julian Assange”. Grazie!
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