Duole dirlo, ma la sottovalutazione del nazi-fascismo montante in tutto l’Occidente non è più accettabile. Non è accettabile voltarsi dall’altra parte al cospetto di vicende come l’identificazione, in pieno stile nazista, di un’abitazione in cui risiede il figlio di una partigiana reduce del campo di sterminio di Ravensbrück, come non è accettabile ciò che sta accadendo in Polonia e in tutti i paesi del cosiddetto gruppo di Visegrád.
Non è accettabile la violenza, non è accettabile l’odio, non è accettabile che qualcuno continui a derubricare simili episodi a fatti secondari o, peggio ancora, a ridurli a una sorta di folklore macabro, come se lo stesso inferno di Auschwitz, di cui quest’anno ricorre il settantacinquesimo anniversario della liberazione, non sia stato la diretta conseguenza di queste minimizzazioni insopportabili.
Non c’è peccato peggiore dell’indifferenza: un crimine in sé, il peggiore in assoluto, in quanto con esso viene meno il principio di umanità che sempre dovrebbe caratterizzare le persone e che è alla base dello sviluppo di ogni società democratica.
In poche parole, ci avviciniamo alle celebrazioni della Giornata della memoria immersi in un oceano di ipocrisia a sua volta inaccettabile, in un mondo sull’orlo di una crisi di nervi, nel quale spadroneggiano i signori della guerra, in cui si avverte un disperato, e inesaudito, bisogno di pace, attraversato da continue tensioni che generano un’incertezza senza precedenti.
A tal riguardo, sbagliano di grosso quanti sostengono che il fascismo o il nazismo non possano tornare, per il semplice motivo che non se ne sono mai andati, continuando a infestare e a minare le fondamenta del nostro vivere civile, anche se, va detto, per qualche decennio si era riusciti, in qualche modo, a renderli quanto meno sconvenienti. Ora che sono crollate le ideologie, che siamo nell’epoca della post-modernità, che è tutto liquido, irreale, privo di spessore e punti di riferimento, ora che il pensiero arretra e la memoria storica comincia a venir meno a causa della scomparsa degli ultimi testimoni dell’Olocausto, ora ci rendiamo conto che siamo tornati esattamente a quegli anni, a quella barbarie, a quell’abisso. Ci rendiamo conto, insomma, che i demoni che ci eravamo illusi di aver sconfitto per sempre sono ancora qui, più forti e spaventosi che mai, con concrete ambizioni di governo e intenti dittatoriali su scala globale con cui siamo chiamati a fare i conti senza infingimenti. Siamo chiamati, in pratica, a lottare con tutti noi stessi contro una deriva che sta travolgendo ogni argine e che, se non dovesse essere arrestata, finirà con l’avvelenare un contesto già messo in ginocchio dalla crisi e dalla mancanza di coesione sociale con cui ci troviamo a fare i conti.
Il nazi-fascismo non è un avversario: è un nemico, e come tale deve essere affrontato. Non possono esserci sconti o giustificazioni per chi vi si riconosce, trattandosi di un’ideologia di morte e di sterminio che sappiamo bene sia come sia nata sia dove ci abbia condotto quando non è stata fermata per tempo.
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