Quando nel marzo 2015 arrivammo in una silenziosa e pallida Tortorici, con la missione di indagare sui fondi europei per l’agricoltura, nessuno aveva ancora la più pallida idea di cosa fosse la “mafia rurale” o “mafia dei pascoli”.
Nessuno tranne Giuseppe Antoci, che da qualche settimana aveva iniziato a ricevere i primi timidi segnali di guerra, da parte di un mostro oscuro, senza nome, senza forma, ma la cui potenza era nettamente percepibile sul vasto territorio boscato e verdeggiante dei Nebrodi.
Quando il Premio Morrione ci chiese di investigare sui fondi UE per l’agricoltura in Sicilia e la possibilità che finissero nelle mani sbagliate, neanche noi sapevamo che ci saremmo imbattuti nella più moderna, dinamica, sommersa e inafferrabile forma di mafia degli ultimi decenni.
Poi, nel maggio 2016, tutto diventa più chiaro. L’Italia si sveglia con il primo attentato di mafia dopo le stragi del ’92. L’auto blindata di Antoci, autore di quel protocollo che mette i bastoni tra le ruote ai mafiosi nell’accaparramento dei fondi UE, viene bloccata nella notte e colpita da spari feroci, nel cuore del parco. L’avvento provvidenziale del superpoliziotto Manganaro è provvidenziale. Antoci e la sua scorta si salvano per miracolo.
La magistratura inizia a unire i puntini ed ecco che piano piano emerge dalle viscere della terra una piovra mai svelata fino a quel momento. E’ la mafia della PAC.
Oggi, all’inizio del 2020, ci troviamo di fronte alla più grande operazione mai realizzata contro i clan mafiosi dei Nebrodi. Il blitz racconta che per anni l’Unione europea ha versato 10 milioni di euro di contributi per l’agricoltura direttamente nelle tasche dei boss siciliani dei Nebrodi, senza che nessuno abbia mosso un dito. La DDA di Messina, i carabinieri e la Guardia di Finanza, grazie anche alla sponda del protocollo Antoci, hanno costruito un’operazione leggendaria, senza precedenti, smantellando in uno solo colpo 94 pezzi della mafia dei pascoli.
In tutti questi anni i soldi europei della PAC hanno foraggiato nel silenzio le attività criminali dei vari mammasantissima come Bontempo Scavo, Galati o Faranda. Tutti nomi tortoriciani che mettono i brividi, fra i quali c’erano anche condannati per omicidio. E poi nell’organizzazione ci sono i classici insospettabili, a partire dal sindaco di Tortorici, fino alle menti più raffinate, ovvero le “intelligenze” dei funzionari AGEA, dei centri di assistenza agricola, che hanno oliato il sistema. E ci sarebbe pure un notaio, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe fatto falsi atti per far risultare acquisiti per usucapione una serie di terreni la cui titolarità serviva alle «famiglie» per chiedere i contributi Ue. La verità è che i professionisti che sono stati sempre definiti insospettabili, oramai sono gli indiziati numero uno. Senza di loro quella che oggi chiamiamo “mafia rurale” sarebbe rimasta solo una cerchia di mafiosi violenti ed estortori rurali con la passione del bestiame, che rende la vita impossibile alla gente onesta. E invece, grazie alla pioggia di milioni di euro arrivati direttamente nei loro conti correnti, sono diventati una delle più subdole e pericolose forme di mafia degli ultimi 50 anni.
Insomma, una macchina burocratica perfetta, che ha consentito alle famiglie mafiose di lucrare 10 milioni di euro, poi reimpiegati nel settore del narcotraffico.
Il meccanismo lo avevamo intuito e raccontato nella nostra inchiesta. Più ettari equivalgono a più fondi UE. Bastava dunque la falsa attestazione di terreni per ricevere fondi UE. Alcuni terreni erano ottenuti tramite intimidazioni ed estorsioni agli agricoltori, altri attraverso il “furto” informatico di terreni di proprietà comunale e demaniale, persino i terreni dell’aeroporto di Boccadifalco. In tutto ciò AGEA, cioè l’agenzia preposta alle erogazioni e ai controlli, non vedeva nulla, non sapeva nulla, non muoveva un dito.
Spesso il denaro illecito transitava persino su conti esteri in Bulgaria e Lituania per «rientrate in Italia, attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a farne perdere le tracce». Si tratta dunque di una questione che è innegabilmente europea, ma gestita in ambito UE con insopportabile sufficienza e incompetenza. Basti pensare che negli altri paesi membri non si è in grado neanche di riconoscere il problema mafia, figuriamoci la sua faccia più strisciante e “smart” che è la mafia rurale.
E’ arrivato il tempo di inaugurare una nuova e rivoluzionaria stagione di lotta ai mafiosi della Pac in tutta Europa. E’ arrivato il momento di capire che ruolo ha avuto la grande casa dei colletti bianchi di tutta questa storia, cioè AGEA, che ha distribuito miliardi di euro senza criterio, nella migliore delle ipotesi. Infine, dopo quanto successo, c’è chi ancora fatica a capire il fallito attentato Antoci. Questa operazione storica ha un enorme valore nell’indicare senza dubbi la matrice mafiosa di quella tentata strage che ancora grida giustizia.