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Elezioni Emilia Romagna. Un primo round vinto di un match da combattere ancora per intero

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L’affermazione netta in Emilia Romagna nelle elezioni regionali di domenica del candidato a governatore del centrosinistra è un primo round vinto di un match da combattere ancora per intero.

Bonaccini, governatore uscente, ha avuto la meglio perché è stato un buon amministratore, riconosciuto da tutti; si è potuto avvalere dell’originale mobilitazione delle sardine che sono riuscite a portare in piazza e poi alle urne quegli elettori astenuti nelle precedenti elezioni o delusi dai 5 Stelle o dormienti per fermare la deriva sovranista-populista della destra guidata da Salvini. Inoltre merito di Bonaccini è stato quello di aver chiesto e ottenuto il sostegno dell’intero centrosinistra e dei moderati sulla base dei risultati del suo governo e del suo collegamento territoriale dove comunque le campagne e le aree montane si sono rivelati i punti di maggiore consenso per la destra. Viceversa in Calabria il centrosinistra esce sconfitto pagando un alto prezzo per il fallimento e le ambiguità del governo Oliviero e per essere arrivato all’ultimo minuto a scegliere una candidatura civica, seppur apprezzata ma poco radicata nella politica calabrese. Questo primo turno elettorale regionale ha messo in evidenza il declino dei 5 Stelle divisi nella scelta della collocazione tra destra, sinistra e terza via; insufficienti nella pratica di governo; autoreferenziali e prigionieri di una discutibile prassi democratica interna; soggetti a scissioni ed espulsioni; inoltre I flussi elettorali analizzati dagli esperti hanno documentato il fallimento di una direzione politica accentrata e contestata. Il centrosinistra, rincuorato dalla vittoria in Emilia Romagna deve ora costruire unitariamente, senza dividersi, un’alternativa di lungo respiro alla destra che nonostante la battuta d’arresto, rimane ancora forte e agguerrita. La sinistra italiana, europea, planetaria del XXI secolo deve mostrarsi capace di misurarsi con le contraddizioni mondiali del capitalismo globalizzato,  aggiornando la sua analisi e critica teorica per uscire finalmente dalla soggezione pluridecennale al pensiero unico neoliberista, genitore dell’ attuale crisi, della crescita della disuguaglianza, della povertà e della concentrazione della ricchezza in poche mani.

Con quale teoria politica e filosofia sociale la sinistra intende esplorare nuove vie per il cambiamento?

Compito della sinistra è governare onde produrre quel cambiamento sociale necessario per eliminare le disuguaglianze e l’ingiustizia sociale, non per consentire lo status quo che ha indebolito la democrazia, ha ridotto i diritti civili e la protezione sociale dei cittadini aprendo le porte alla destra che ha speculato sull’insicurezza e la paura da essa stessa alimentata.

Parlare di povertà e disuguaglianza senza organizzare i poveri, i diseguali, i sofferenti della società colpiti dalla mondializzazione dell’economia che ignora gli Stati nazionali, ha favorito la nascita della nuova destra, i nazionalismi e i fondamentalismi religiosi. Uno dei principali compiti della nuova sinistra è lottare per il ripristino della prevalenza della Politica nell’economia sottraendone il controllo assoluto ai poteri multinazionali; mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo e la stessa cultura politica asservita al dio assoluto del mercato per il quale non opera più la “mano invisibile” riequilibratrice. La rivoluzione digitale, la crisi ambientale planetaria, la nascita della disuguaglianza e della povertà, la crisi attuale ha messo a nudo la fragilità del capitalismo finanziarizzato e globalizzato. In questo scenario comprendere e sciogliere le contraddizioni del sistema è il compito prioritario della sinistra del XXI secolo. Organizzare in ogni luogo di lavoro, di studio, di sofferenza i colpiti dell’attuale modello di sviluppo distolto e diseguale per riaffermare i principi di libertà, del bisogno, di uguaglianza, di solidarietà presenti nella Costituzione italiana del 1948, in quella della Rivoluzione francese del 1789, e ancora prima nel Vangelo a cui si rifà la cultura cristiana. Con questo metro va misurata ogni proposta politica da elaborare e confrontare con i soggetti sociali interessati per superare la crisi attuale. Non possiamo immaginare il cambiamento sociale senza risolvere lo storico ritardo di sviluppo del Mezzogiorno; senza misurare, oltre il PIL,  la crescita del benessere dei cittadini (del centro storico come delle periferie, della città come della campagna, dei giovani come degli anziani, delle donne come degli uomini); senza potenziare gli strumenti di democrazia partecipata (dai sindacati agli organismi di intermediazione, dai comuni alle regioni); senza garantire la sicurezza estirpando mafia, corruzione, illegalità.

La sinistra avrà un futuro se saprà leggere questi rivolgimenti epocali e stare dalla parte della stragrande maggioranza della società umana colpita dalla crisi, a difesa del benessere dell’uomo, del pianeta e della democrazia.


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