Catania – Armonia di cianciane e mani. Stridio di tasti e articolazioni, corde e corpi. E mani soprattutto. In “Hands On”, l’atto unico nato dalla residenza artistica estiva ospitata da Zo – che l’ha incluso nel cartellone di AltreScene – Emma Scialfa, nel ruolo di regista e protagonista, torna sulle scene dopo una pausa decennale con una creazione (prodotta da Moto Mimetico) che sottolinea l’originalità della ricerca coreografica della danzatrice catanese.
Sulla nuda e buia scena due musicisti e due danzatori: comune denominatore una riflessione e un atipico viaggio attraverso il “gesto sonoro e il suono del gesto” a partire dalle mani. Si tratta di un percorso volutamente incompiuto e quindi perennemente in divenire, aperto: e qui Scialfa sembra riprendere quel “flusso no-made” di un suo lontano e omonimo spettacolo. Gesti, movimenti e suoni, senza fissa dimora, tessiture sonore, figurative e non-verbali: “nomadi” appunto: che siano i movimenti ora flessuosi ora geometrici e intramati della stessa Scialfa e di Marius Moguiba – danzatore africano originario della Costa d’Avorio trapiantato oltralpe – o le note del piano preparato di Fabrizio Puglisi insieme alla chitarra di Paolo Sorge; e la sperimentazione musicale che contraddistingue il lavoro del duo e che punta proprio alla casualità del timbro, riecheggia proprio quella dei corpi e delle mani: battute, sfiorate, percorse, strette, innalzate.
Ogni occasione, ogni minimo oggetto di scena è pretesto: ora il nastro adesivo che pare limitare i movimenti e disegnare lo spazio (chissà se abbiano giocato pure le suggestioni del Cage di “Music for Piano” o di Berio) ora gli elastici fosforescenti che disegnano frame da desktop su un tessuto sonoro minimalista, mentre i corpi delineano la loro onda gestuale e sullo schermo si disordinano in un courier new vintage parole in libera associazione, in quello che pare configurarsi come un continuo presente: Emma Scialfa pare qui recepire sia la lezione di Cage che quella di Cunningham nell’elaborazione di una simultaneità in cui si spinge il corpo – per citare lo stesso Cunningham – a “divenire-corpo”, dunque a “divenire-idea” del corpo. Liberissima concentrazione di gesti e suoni – fosse anche lo sfarfallio di un ventaglio rotto – “Hands On”, che non manca nemmeno di scatti auto-ironici, mira ad un continuo gioco coreografico volutamente privo di centro narrativo e di gravità, più significante che significato: quasi lustrale, dunque esoterico, in bilico tra suggestioni psicoanalitiche, metafisica e rappresentazione visionaria. Una nuova “esposizione convulsa dei fatti” (per citare un altro spettacolo della Scialfa) capace però di culminare nella quiete infinita della spirale di un abbraccio.