Quando una nazione grande e importante come il Brasile finisce in mano a un soggetto discutibile come Jair Bolsonaro, le cui posizioni su una miriade di argomenti sono assolutamente incompatibili con il concetto di democrazia, siamo al cospetto di un regime mascherato. E non basterà a salvarlo dallo stigma che merita il fatto di aver rimosso dall’incarico il segretario alla Cultura, tal Roberto Alvim, il quale aveva utilizzato le parole di Göbbels per promuovere non l’arte, la poesia e la letteratura ma, di fatto, la propaganda a sostegno della mezza tirannide che infesta quel paese remoto e meraviglioso.
Caro Bolsonaro, la smetta. La smetta con l’ipocrisia, con la falsità, con i gesti eclatanti: lei è salito al potere grazie all’ingiusta condanna cui è stato sottoposto l’ex presidente Lula, contro cui le accuse erano talmente risibili da essere presto decadute, salvo che ormai il danno era fatto e lei era a capo di uno stato che, sostanzialmente, disprezza e di cui si crede il signore e padrone anziché il presidente pro tempore. Dalle farneticanti dichiarazioni contro l’Amazzonia in fiamme, da lei ritenuta un patrimonio esclusivo del Brasile e non dell’umanità, all’aggressione sistematica nei confronti degli indios, per non parlare di ciò che sta accadendo nelle favelas e del tasso di disuguaglianza e di ingiustizia sociale delle sue politiche: il programma che sta portando avanti condurrà alla rovina uno dei capisaldi del Sudamerica nonché un punto di riferimento per molti altri paesi.
Diciamo che il ministro filo-nazista è solo la goccia che fa traboccare il vaso, l’incidente di fronte al quale non si può far finta di niente, a meno che non si voglia rendere palese la propria effettiva natura.
Diciamo, caro Bolsonaro, che a noi sono bastate le sue dichiarazioni a favore della dittatura militare che ha infestato il Brasile a cavallo fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta per inquadrarla. Ci è bastata la sua misoginia, la sua disumanità nei confronti delle minoranze, il suo piano di ulteriore arricchimento per i ricchi e di devastante impoverimento per i poveri. Ci sono bastati i suoi toni, i suoi modi e i suoi proclami per renderci conto di quale minaccia costituisca per il mondo intero, specie se si considera che una vecchia legge dell’economia afferma che la moneta cattiva scaccia la moneta buona e che la sua amministrazione sta facendo scuola, trasformando nuovamente il Sudamerica nel cortile di casa di un’America purtroppo caduta, a sua volta, nelle mani di un personaggio inadatto a governarla e non cosciente dei rischi cui questa deriva espone l’Occidente nella sua complessità.
Son volati gli stracci, un atteggiamento tipico dei vigliacchi. A noi, invece, interessa la natura profonda di un esecutivo che ha dei tratti davvero inquietanti, dei protagonisti che destano imbarazzo e una visione del mondo che allarma per i danni che comporta a livello globale.
Ci interessa, in poche parole, che lei se ne vada al più presto, che venga mandato a casa da elezioni veramente libere e democratiche, non inquinate da alcuna misura giudiziaria, e che con lei se ne vada via per sempre tutto ciò che rappresenta. Il getulismo anni Trenta di cui si è reso interprete ha già condotto l’umanità nel baratro. Sarà bene non sottovalutare il pericolo e compiere le adeguate pressioni internazionali prima che sia troppo tardi.