Accade così che l’attenzione esclusiva, talvolta ossessiva, per la parola/le parole (anche, ma non soltanto, inglesi) si traduca proprio nell’idea, sempre affascinante e seducente, della scorciatoia, della questione complessa che può, con pochi accorgimenti, essere resa “facile”, alla portata di ognuno, semplicemente cambiando alcune parole e/o utilizzandone altre: ancora una volta, questa visione, ormai quasi ideologica e, in ogni caso ideologizzata e assolutizzata, trova percorsi e vie di sfogo a più livelli…sempre alla ricerca delle soluzioni semplici ai problemi complessi”(cit.). Come se, in altre termini, l’utilizzo “corretto” e virtuoso (?) di parole e/o di un linguaggio e di una comunicazione “neutri/neutrali”(?), inevitabilmente sempre legati a criteri e parametri convenzionali e arbitrari, fosse, in sé e per sé, indipendentemente da altri fattori e variabili, non soltanto requisito importante, ma anche, e soprattutto, garanzia di una trasformazione della realtà e degli stessi attori sociali, della qualità e dell’autenticità delle relazioni sistemiche e dei rapporti di potere tra essi esistenti.
Fondamentale, tuttavia, operare alcune premesse ineludibili che, in realtà, non sarebbero dovute, dandole il sottoscritto per scontate (avendo, peraltro, insegnato per molti anni discipline come Filosofia e Semiotica del Linguaggio): mi riferisco, nello specifico, all’importanza e rilevanza, assolutamente vitali e strategiche, che le parole e il linguaggio hanno (si tratta, come noto, di “oggetti di studio” e livelli di analisi differenti). Premesse che intendono anticipare interpretazioni e commenti che – sono certo – ci saranno magari, come talvolta accade, avendo letto soltanto il titolo e poche righe introduttive del testo. Partendo, talvolta, da letture e visioni anche ideologiche, con la cd. polarizzazione sempre pronta a manifestarsi e intervenire… Continua su lsdi