Se tocchi dio, non puoi toccare una donna. Su questa contrapposizione arcaica tra sublime e subalterno si basa l’obbligo di celibato. Ma anche sull’esaltazione della privazione di uno dei bisogni più umani – la vita completa di coppia – che rende la castrazione clericale la prova di una resistenza alla sofferenza, tale da elevare il celibe-pastore sopra la massa-gregge. Il tema è ritornato dirompente con la pubblicazione di un ennesimo richiamo di un porporato tradizionalista – con il coinvolgimento del papa emerito.
Da credente – sebbene inquieto – non capisco come di fronte alla povertà dilagante, alle ingiustizie smisurate, alle guerre di pura aggressione, ai crimini ambientali, la chiesa tradizionalista debba soffermarsi su un aspetto così anacronistico. Non capiscono questi porporati che sono fuori dalla storia? Che non siamo più in una cultura silvo-pastorale dove lo sciamano ha l’esclusiva della “verità” perché è l’unico che parla con dio e riferisce al popolo? Vorrei ricordare alle “zucchette rosse” di retroguardia che dall’epoca dei lumi siamo entrati nel tempo del dubbio critico, motore di ricerca interiore; che ritiene la verità litica freno del discernimento della coscienza sull’etica. Fate sposare i religiosi! Aprite il sacerdozio alle donne! Aprite le finestre della Chiesa ai veri temi della contemporaneità!
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