“Purtroppo siamo sempre più soli”, si congeda così, con una punta di amarezza, dagli impegni pubblici la senatrice a vita Liliana Segre, una delle ultime testimoni italiane della Shoah. I pochi sopravvissuti del genocidio “scientifico” nazista di 6 milioni di ebrei europei stanno scomparendo e con loro la Memoria evapora, svanisce. Rischiamo così di restare senza quei corpi segnati con le stigmate sul braccio sinistro (quello dove si intrecciano i filatteri), senza più le loro voci narranti dell’immane tragedia del Novecento.
Chi potrà più testimoniare con la pacatezza dei Giusti, la serenità dei superstiti? Basteranno i film, i documentari, i libri? O non dovremmo forse raccogliere il testimone della Memoria anche noi cristiani, “fratelli minori” del popolo giudaico, che abbiamo ascoltato direttamente da 30/40 anni le loro storie, quando ancora la loro voce era forte e le emozioni trasparivano dagli occhi, ancora offuscati da immagini indelebili, dagli incubi notturni?
Dovremmo quindi accettare la sfida ideale e culturale, che ci lanciava con la crudezza del sopravvissuto nel 1947 Primo Levi, nel suo indimenticabile capolavoro “Se questo è un uomo”?
“…Meditate che questo è stato: vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi. Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”.
Da alcuni anni, purtroppo, l’antisemitismo in tutta Europa si accresce di nuovi episodi di aggressioni e omicidi, di intemperanze negli stadi, nei cimiteri, contro le sinagoghe, fino a dilagare sui Social Net, alimentando l’odio, spesso camuffato da antisionismo contro i vari governi israeliani, accusati di praticare una politica di oppressione contro i palestinesi. Un antisemitismo che ha radici profonde in Italia e in Europa e che si sovrappone al razzismo verso gli emigranti clandestini, ma anche contro gli avversari politici, i “diversi” per orientamenti religiosi e sessuali, il colore della pelle. A destra, movimenti, partiti, intellettuali e anche i media cercano di sminuirne la pericolosità, di banalizzarne gli atti e le gesta: come se il razzismo, l’antisemitismo siano dei reperti del passato. “Non esistono concretamente i pericoli del ritorno di un nazismo o di un fascismo”. Ma intanto cresce la consistenza di partiti neo-nazisti e neo-fascisti, che si affermano anche nei Parlamenti nazionali.
E’ in atto un diffuso processo di Revisionismo storico, che spesso sconfina nel Negazionismo vero e proprio!
E’ scioccante quanto ha rilevato un sondaggio recentissimo sulla Shoah, svolto in Francia e pubblicato dall’autorevole agenzia AFP. Tanto più inquietante, perché qui vivono all’incirca 600 mila Ebrei (oltre la metà di quanti ce ne sono in Europa), anche se dal 2010 è in atto una loro costante fuga ogni anno verso Israele. Questa sorta di Esodo di ebrei francesi, definito come Aliyah, “il ritorno”, è anche facilitato dal governo israeliano ed è per ora l’unica forma di lotta silenziosa al rinascere di violenze e persino omicidi nei confronti dell’influente comunità religiosa e intellettuale francese.
Secondo questo sondaggio, il 57% dei francesi ignora il numero degli ebrei sterminati con l’Olocausto. Nel dettaglio: il 19% non ne conosce il numero; per l’8%, furono 20 milioni; per l’11%, 2 milioni; per il 13%, 1 milione; per il 4%, 100 mila; per il 2%, 25 mila. Una percentuale che arriva al 69% tra coloro che hanno meno di 38 anni.
L’84% ne “ha inteso parlare”; anche se tra i minori di 38 anni, la percentuale di chi ignora il genocidio sale al 25%.
Ma fa scalpore che il 10% si riveli “negazionista”, sostenendo che: “Non solo l’Olocausto è un mito, ma anche il numero degli Ebrei assassinati dai nazi è stato esagerato”. Un percentuale che sale al 23% tra chi ha meno di 38 anni.
Comunque, l’82% dei contatti ha giudicato “importante che si continui ad insegnare la Shoah, soprattutto perché questa tragedia non si ripeta più”. A questo scopo, un ruolo predominante dovrebbero averlo la scuola, le famiglie e il governo. Tra le opere dalle quali hanno preso conoscenza della Shoah, gli intervistati hanno citato nell’ordine: il libro “Il Diario di Anna Frank”, il film “Schindler List” e la serie TV della fine anni Settanta, “Olocausto”.
Per il 54% “qualcosa di simile alla Shoah potrebbe ripetersi”. Nello specifico, ancora più allarmante lo scenario futuro: il 35% pensa che gli Ebrei possano subire un altro genocidio, mentre il 32% non lo ritiene.
Infine, un quadro fosco è delineato dalle risposte al quesito se “il Nazismo potrebbe riprendere il potere”: per il 42% è SI; ma solo il 26% lo esclude.
Eppure, quando il Nazismo si affermò in Germania, alcune autorevoli voci allarmate si levarono tra scrittori, storici, filosofi e saggisti. Uno dei maggiori scrittori ebrei del Novecento, l’austriaco Joseph Roth (Giobbe, la Cripta dei Cappuccini, Fuga senza fine, ecc.), il 30 gennaio del 1933, lo stesso giorno in cui Hitler veniva nominato Cancelliere del Reich, lasciò la Germania. Andò in esilio volontario in Francia, mentre le sue opere venivano bruciate e i suoi proventi confiscati. In una lettera al suo amico Stefan Zweig, scrittore e saggista, anche lui ebreo, scrisse allora profeticamente: “Intanto le sarà chiaro che ci avviciniamo a grandi catastrofi. A parte quelle private – la nostra esistenza letteraria e materiale è annientata – tutto porta a una nuova guerra. Io non do più un soldo per la nostra vita. Si è riusciti a far governare la barbarie. Non si illuda. L’Inferno comanda”.
Pochi anni prima, nel 1927, Roth aveva scritto un saggio, Ebrei erranti, sulla condizione disagiata degli ebrei poveri emigrati in Germania e Austria dall’Est Europa, soggetti anche ad atti di razzismo nella propria comunità. Una cruda analisi che gli inimicò gli ambienti ufficiali giudaici della Mittleuropa: “Certo, in Germania (come in ogni altro paese) un antisemitismo latente c’era sempre stato…Gli ebrei tedeschi si sentivano, malgrado ogni sorta di minacciosi sintomi di antisemitismo, uguali ai tedeschi; oppure… Molti di essi cercavano purtroppo di far ricadere la responsabilità delle manifestazioni di istinti antisemiti sugli ebrei orientali emigrati in Germania. E’ un fatto, spesso ignorato, che anche gli ebrei possono avere istinti antisemiti”.
Nel 1937, due anni dopo l’emanazione delle Leggi razziali di Norimberga, Roth descrisse in una nuova prefazione alla riedizione del saggio come questa situazione drammatica fosse “ancor peggio della cattività babilonese”. Scriveva: “Si erra da un’edicola di giornali all’altra, quasi si sperasse che un giorno vi si venderanno delle verità. Si erra in quel pericoloso detto oppiaceo che dice: “Tutto avrà fine”, senza considerare che la nostra fine verrà probabilmente prima. Si erra, o meglio si brancola nella ridicola speranza: “Non sarà poi così brutto!”, e questa speranza non è altro che una forma di corruzione morale…E’ il bagno penale degli ebrei”.
Vale ricordare alcuni numeri storici della Shoah, contro i negazionisti e i revisionisti: Dal 1941 al 1945 vennero uccise e cremate dai 17 ai 19 milioni di persone, tra cui 6 di ebrei e altri 6 di slavi, 4 milioni di prigionieri di guerra, un milione di dissidenti politici, 800 mila Rom, 300 mila portatori di handicap, 250 mila omosessuali. Una media di 11 mila persone uccise e cremate al giorno.
Ha scritto il maggiore storico sulla Shoah, l’austriaco-americano, Raul Hillberg, nella prefazione de La distruzione degli Ebrei d’Europa (Einaudi 1996): “Inesorabilmente si formò una macchina destinata a condurre a buon fine lo sterminio, costituita da un dispiegamento di uffici militari e civili, centrali e periferici, all’interno dei quali ogni impiegato e funzionario rispettando le proprie responsabilità, si adoperò a definire, classificare, trasportare, sfruttare e assassinare milioni di vittime innocenti e tutto come se nulla distinguesse la soluzione finale dagli affari correnti”.
Fu così che una nazione di “gente grigia e comune” si uniformò a quella che la filosofa Hannah Arendt definì “la banalità del male”.
E non fu certo una follia di pochi esaltati!