Tina Costa aveva solo 7 anni quando reagì per la prima volta al fascismo. Solo 7 anni. A scuola, si rifiutò di indossare la divisa di figlia della lupa. Il risultato fu il subire ulteriori angherie da parte della maestra fascista. Ma non quello di abbandonare quell’antifascismo che già sbocciava in lei. Negli anni successi, durante la Guerra, Tina divenne infatti una partigiana. Una staffetta, per la precisione. Portava viveri e informazioni agli altri partigiani su e giù per la Linea Gotica. E nel tempo divenne un simbolo per la sua forza, il suo coraggio, la sua determinazione. Tanto da averle dedicato, neanche venti giorni fa, una targa in un parco di Roma.
Oggi quella targa è stata vandalizzata. Con questo simbolo. Un simbolo di odio, di rancore. Viscerale, inumano. Cupo. Un simbolo che ha significato la morte per milioni di uomini, donne e bambini. E che è stato posto da qualcuno sopra il nome di questa grande donna con un obiettivo ben preciso: seppellirla sotto quel simbolo. Farla “divorare” da esso. Lei e tutto ciò che ha rappresentato.
Per quel qualcuno, abbiamo però un messaggio: avete sprecato tempo e risorse. Perché una donna come Tina, voi, voi piccoli uomini, non ce la fate a infangarla. E l’unica cosa che ottenete con questi gesti non è cancellare la memoria della Resistenza. Ma rafforzarla facendoci stringere ancora di più attorno ai suoi valori. E convincendoci sempre di più che, dall’altro lato, il vostro lato, non ci sono uomini e idee, ma solo e soltanto una cosa: la viltà.