Un altro anno della lunga transizione di crisi del nostro Paese si conclude. S’intravede, però, un barlume di luce e di speranza.
Il Parlamento italiano ha approvato una legge di bilancio che stoppa l’aumento dell’Iva, ereditata dai governi precedenti, introduce misure, seppur parziali, che potrebbero aprire la strada, se reggerà la volontà politica della maggioranza, a quegli interventi strutturali per riavviare la crescita del paese.
L’accordo stipulato tra il Governo nazionale e quello regionale della Sicilia consentirà di spalmare il disavanzo relativo al rendiconto 2018 nei prossimi dieci anni, a patto che entro 90 giorni, la Regione sottoscriva l’impegno di riequilibrare il bilancio, avviare le necessarie riforme e rompere l’immobilismo che grava sull’isola dalla quale chi può scappa.
Le due decisioni, nazionale e regionale, hanno in comune la scelta prioritaria di riportare in evidenza la carenza di attenzione, in verità anche dei governi degli ultimi decenni, dell’irrisolta questione meridionale e del rovesciamento del modello di sviluppo neoliberista. Infatti, si è allargata la forbice tra Nord e Sud, è cresciuta la disuguaglianza e la povertà in tutto il Paese. Problemi volutamente oscurati dal clima di odio, paura e divisione alimentati ad arte per spostare sempre più a destra il governo del Paese, verso una “democrazia illiberale”. Fenomeno registrato anche dall’ultimo report di Demos che ha stimato la crescita del distacco dalle istituzioni dei cittadini, ma anche quella del movimento delle Sardine che si oppongono al clima di odio e paura alimentato dal salvinismo, dal sovranismo e sostengono con esemplare energia la necessità della partecipazione fisica dei cittadini alla vita politica secondo l’intangibile principio democratico costituzionale: la democrazia è partecipazione. Il movimento delle Sardine denuncia, con le sue pacifiche iniziative di piazza, il furto della rappresentanza popolare operato da partiti personalizzati, diretti da leader populisti attenti solo all’immediato consenso senza guardare al futuro del Paese.
Anche in questa fase storica spetterebbe ancora una volta alle forze politiche e sociali progressiste il ruolo di salvatrici della democrazia nel caso in cui smettessero di litigare sul presente con i vari tatticismi di potere e pensassero concretamente di più alla giustizia sociale e all’uguaglianza tra tutti i cittadini a partire dai più deboli. Basterebbe per cominciare la svolta, com’è stato suggerito, che si aprissero alle istanze sospinte dalle Sardine traducendole in politiche pubbliche. In primis dovrebbero ricollegarsi politicamente e organizzativamente al territorio per conoscerne i problemi e proporne la soluzione con la partecipazione dal basso e liberarsi definitivamente del “culto del dio mercato”. Lo stesso governo nazionale, di fronte le molteplici crisi aziendali (v. Ilva, Alitalia, Banca popolare di Bari, Autostrade ecc, ecc.) pensa di riproporre un ruolo di intervento mediatore dello Stato, non per sostituirsi al mercato, ma per regolarlo e riequilibrarlo onde salvaguardare occupazione, innovazione, ambiente, rimediando ai fallimenti della logica neoliberista senza scaricarli sui più deboli( lavoratori, disoccupati, donne, giovani, poveri).
Questi processi sociali meriterebbero una maggiore attenzione e impegno della classe politica di orientamento progressista considerando anche:
- L’alto numero dei comuni sciolti per mafia e per corruzione che si sommano ai vari processi che riguardano consiglieri regionali e parlamentari nazionali appartenenti a quasi tutti gli schieramenti. In Italia dal 1991 al 2019 sono stati sciolti per corruzione e mafia 314 comuni (dislocati in quasi tutte le regioni, 104 in Campania, 82 in Sicilia); da agosto 2016 ad agosto 2019 117 comuni di cui 28 (18,4%) solo in Sicilia.
- La guardia di Finanza negli ultimi cinque anni ha sequestrato ben 18 miliardi di euro alle mafie (pari all’1,1 % del Pil) in quasi tutte le regioni.
- La revisione del modello di sviluppo finora perseguito dalle classi dirigenti politiche ed economiche richiederebbe nuove politiche pubbliche per gli investimenti in infrastrutture, innovazione, welfare, semplificazione amministrativa, capitale umano, sfruttando tutte le nuove possibilità offerte dalle rivoluzioni tecnologiche, informatiche e dall’incombenza del disastro ambientale.
Aprirsi alle Sardine cosi come alle istanze del movimento ambientalista mondiale significherebbe opporsi, con una diversa visione del futuro, ai vari Trump e sovranisti negazionisti e ostili a una governance democratica della globalizzazione (v. fallimento conferenza di Madrid sull’ambiente e la guerra dei dazi). È un compito prioritario delle forze progressiste, di sinistra, di centrosinistra comprendere i mutamenti sociali, culturali, economici, istituzionali. Tutti si chiedono perché in questi anni i movimenti di massa sono nati dal basso, ma non da qualche partito di sinistra che poi tutt’al più si è accodato? Perché si è arrivati a definire la sinistra delle Ztl per segnalarne l’assenza dalle periferie e dalle campagne? Solo perché è venuto a mancare il collegamento col territorio oppure perché è venuto meno lo sforzo di analisi delle trasformazioni del sistema globale del capitalismo senza saper scegliere il blocco sociale alternativo. La crisi della sinistra del xxi sta nella sua timidezza a uscire dai canoni del novecento e a ricercare il consenso del centro a tutti i costi oscillando tra capitolazione e rigurgiti estremisti. La questione riguarda l’Italia, l’Europa, il mondo. Sono in gioco la democrazia e i principi di libertà e uguaglianza oggi messe in discussione apertamente dimenticando che la crisi del sistema democratico ha portato alle guerre mondiali. I salvini i trump, la brexit, i populisti, i sovranisti riescono a comunicare alla “pancia” dei loro paesi e del mondo l’illusione di saper assicurare un miglioramento delle condizioni di vita ai più deboli che si sono sentiti abbandonati dalla sinistra. E quest’ultima ancora si attarda nelle beghe interne affidandosi anch’essa alla “comunicazione” dove è surclassata dalle destre, invece di ricercare il mondo del lavoro, dei giovani, delle donne, dell’ambientalismo, delle professioni, delle piccole e medie imprese, della cultura, della scuola nelle loro trasformate condizioni culturali, antropologiche e di classe. Ieri un professore era considerato appartenente al ceto medio, oggi, precario e malpagato, lo è ancora?
Tra i tanti problemi che incombono in Europa, c’è quello del contrasto alle criminalità organizzate contro le quali occorre adeguare e armonizzare la normativa che appare datata rispetto alle nuove mafie tutte in movimento nel tessuto economico.
Su questi temi il Centro studi La Torre ha sentito il dovere di impegnarsi con varie iniziative da quelle sul contrasto sociale e culturale alle mafie, alle tratte, alla povertà, alla disuguaglianza sociale e giuridica, a quelle sullo scioglimento dei comuni infiltrati dalle mafie e dalla corruzione, al Progetto educativo antimafia e antiviolenza. Quest’ultimo si concluderà il 30 aprile 2020 al Teatro Massimo di Palermo con una manifestazione con gli studenti di tutta Italia e con la partecipazione della Rete Operativa Antimafia Europea coordinata dalla Dia per continuare la riflessione e l’approfondimento sui frutti del sacrificio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, di Piersanti Mattarella di cui ricorre il 40simo anniversario, delle altre vittime innocenti della seconda guerra di mafia, che hanno stimolato una legislazione antimafia avanzata e fatto maturare un forte impegno antimafia dello Stato e favorito un impegno internazionale raccolto dall’ONU con la Convenzione Palermo 2000 di cui ricorrerà il 20simo anniversario. Sarà l’occasione per chiedere al Parlamento Europeo e all’ONU, ai gruppi parlamentari europei di adeguare la legislazione e la Convenzione per contrastare le nuove mafie.
Come sempre, il Centro Studi utilizza gli anniversari non solo per la memoria, ma per l’analisi dei mutamenti politico culturali che riguardano la classe dirigente. Lo sarà con la riedizione della prima marcia popolare antimafia del triangolo della morte Bagheria – Casteldaccia (26/2/1983) che si terrà mercoledì 26 febbraio 2020. Essa ha segnato l’inizio della nuova antimafia unitaria e trasversale promossa dal primo Comitato popolare antimafia di Casteldaccia con le chiese locali, il movimento studentesco e con l’adesione dei sindacati e dei partiti di sinistra. Essa segnò la fase storica della ribellione antimafia del popolo siciliano e di tutto il paese. Riproporla oggi significa continuare l’impegno per sconfiggere l’antimafia di cartone dietro cui si sono camuffati carrieristi, ipocriti e collusi.