Con l’addio di Piero Terracina, scomparso oggi all’età di novantuno anni, la comunità internazionale è più povera. Sono sempre meno, infatti, i reduci di quell’abisso dell’umanità che fu il campo di sterminio di Auschwitz, sempre meno le voci che possono levarsi contro il revisionismo intollerabile di questa stagione di declino e deriva anti-democratica, sempre meno i simboli e i punti di riferimento di quanti temono il rinascente fascismo e, peggio ancora, il nazismo dilagante in buona parte del Vecchio Continente. E no, non venite a dirci che il fascismo non può tornare, meno che mai il nazismo, perché queste ideologie assassine, in verità, non se ne sono mai andate. Si è fascisti, infatti, quando si invocano i pieni poteri, quando si è pronti ad accettare l’uomo forte, quando si parla con inconsapevole entusiasmo di una democrazia senza contrappesi, senza una legge elettorale adeguata e un Parlamento in grado di controbilanciare l’azione di governo. Si è fascisti quando si minimizza anche la più insignificante forma di discriminazione, quando si chiudono gli occhi di fronte a un episodio di razzismo, quando non ci si rende conto che non possono esistere zone franche in cui delinquenti patentati danno sfogo alle proprie pulsioni animalesche. È un fascismo involontario, certo, ma non per questo meno pericoloso e straziante. Anzi, diciamo che si tratta della forma peggiore, in quanto testimonia che i germi di questo male assoluto sono penetrati così in profondità da distruggere gli anticorpi di cui pure si è cercato per decenni di dotare la nostra democrazia.
Non è un caso che, di recente, Angela Merkel abbia avvertito la necessità di recarsi in visita ad Auschwitz, ribadendo la piena responsabilità della Germania nel martirio di ebrei, omosessuali, oppositori politici e chiunque osasse ribellarsi alla barbarie di una violenza omicida che purtroppo l’Europa non seppe contrastare adeguatamente prima che l’orrore travolgesse tutto.
La Merkel ha avuto il coraggio, non comune per un capo di governo, di assumersi pubblicamente la colpa dell’Olocausto, aggiungendo, ed è l’aspetto ancora più importante, che i valori liberaldemocratici che oggi la Germania difende senza requie derivano proprio dal ripudio e dalla condanna senza appello di quell’esperienza storica. Uno schiaffo al negazionismo, dunque, ma anche un messaggio fortissimo rivolto ai ciarlatani, ai violenti e ai movimenti neonazisti risorti in Germania, soprattutto a Est, negli ultimi anni, a dimostrazione che la crisi che attanaglia l’Occidente da oltre un decennio non è solo economica ma anche di princìpi, di ideali e di rappresentanza politica.
È un vuoto, quello che ci affligge, ancora peggiore del fascismo e del nazismo, in quanto il vuoto è sempre propedeutico al disastro, ne è il principale responsabile, è la molla che ci induce ad accettare la ferocia come metodo di governo e, peggio che mai, come modus vivendi. Per questo, ci aggrappiamo, letteralmente, agli ultimi reduci di quello scempio, di cui Liliana Segre costituisce la punta di diamante, un bene comune sotto forma di persona, un esempio prezioso di lotta e resistenza da tutelare e scortare civilmente contro i cretini che si permettono di ingiuriarla.
L’addio di Piero Terracina, dopo una vita trascorsa a tramandare il ricordo della Shoah, affinché non fosse dimenticato non solo lo sterminio ma, più che mai, i prodromi di esso, i silenzi, l’indifferenza e il disinteresse di quanti si sentivano erroneamente al riparo da un’ideologia assassina e onnicomprensiva che lasciò dietro di sé solo macerie, è una notizia che assume oggi contorni davvero strazianti.
E così, per onorare degnamente la memoria di questo gigante che ci ha detto addio, proponiamo che il 27 gennaio non sia più la Giornata della memoria ma la Giornata delle memorie, condanna di tutti gli olocausti e i genocidi che si verificano nel mondo. Non per sminuire la follia disumana di Auschwitz ma, al contrario, per preservarne il ricordo, perché possa esistere e resistere anche quando l’ultimo dei superstiti non sarà più fra noi con la sua preziosa testimonianza.
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