E’ passato in Commissione Giustizia il disegno di legge che prevede sanzioni pecuniarie per gli autori di querele infondate contro i giornalisti, uno strumento pervasivo teso a intimidire i cronisti più che a tutelare eventuali lesioni della dignità o dell’assetto economico del presunto diffamato. Le ultime 48 ore sono state di grande entusiasmo nell’ambiente dei giornalisti, in particolar modo tra i cronisti di giudiziaria che negli ultimi anni sono diventati veri e propri bersagli di azioni legali senza alcun fondamento, portate avanti da tre macro categorie. Queste: esponenti della criminalità organizzata, grandi gruppi economici sia pubblici che privati, rappresentanti politici. I numeri parlano da soli: ogni anno vengono presentate più di novemila querele per presunta diffamazione a mezzo stampa e, tra archiviazioni del gup e assoluzioni quasi il, 90% risulta non fondato. Ossia: il giornalista viene assolto o c’è l’archiviazione, spessissimo su richiesta della pubblica accusa. Ciò significa che non c’è stata diffamazione in quanto la notizia riportata (e oggetto della querela) risulta fondata, continente e di interesse pubblico. L’intento intimidatorio e volto a frenare la pubblicazione di notizie scomode (ma vere e continenti) è innegabile e finalmente sembra che il Parlamento abbia riconosciuto l’esistenza di un fenomeno di “intimidazione” attraverso strumenti legittimi che esiste solo in Italia, dove si può impunemente (finora) denunciare i giornalisti a prescindere dalla veridicità delle notizie riportate. Il ddl proposto da Primo De Nicola, con il via libera della Commissione, può approdare all’esame dell’aula e prevede un deterrente importante, anzi necessario. Salvo modifiche al testo, chiunque presenti una querela infondata e a scopo intimidatorio nei confronti di un giornalista potrà essere condannato dal giudice adito a pagare una somma pari ad un quarto di quella oggetto della richiesta risarcitoria. Ci sono tuttora in essere richieste milionarie verso i giornalisti per notizie pubblicate con il supporto di prove documentali. I casi di temerarietà delle querele per diffamazione a mezzo stampa sono così tanti che è quasi impossibile elencarli tutti. Più gravi restano certamente quelli che derivano da azioni di esponenti della criminalità organizzata, che incarnano un atto di intimidazione con mezzi legali. Poi c’è la gravissima prassi di pubblici amministratori che firmano querele nella loro veste di rappresentanti della pubblica amministrazione e dunque il costo dell’azione infondata va a carico dei bilanci degli enti. Innumerevoli querele si basano su dichiarazioni false della presunta parte lesa, che, al momento dell’archiviazione per il giornalista, non viene chiamata neppure a pagare le spese legali.
Per tutte queste ragioni l’ok della Commissione Giustizia al disegno di legge è stato accolto con grande favore dai giornalisti e dagli organismi di rappresentanza ma si spera che adesso si arrivi effettivamente all’approvazione.
“E’ una tappa importante di sicuro, – dice il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Giuseppe Giulietti – ci auguriamo che si vada fino in fondo e si arrivi finalmente all’approvazione della legge. Questo primo risultato è frutto di una lunga battaglia condotta dalla Fnsi, dalle Associazioni regionali, da Articolo 21, da Ossigeno, da No Bavaglio e da tanti singoli colleghi che da anni sono costretti a subire processi per querele infondate e sfacciatamente intimidatorie. Abbiamo ripetuto molte volte nei convegni, nelle piazze, sotto i Tribunali che siamo di fronte ad un fenomeno che imbavaglia l’informazione e rende tutti più poveri. La Fnsi ha avviato sin dall’inizio di questa legislatura una campagna contro i tagli e i bavagli. Sappiamo che la strada è ancora lunga ma per adesso è stato fatto un importante passo in avanti ne va dato atto agli autori del ddl e alla Commissione che ha dato il via libera”.
(Nella foto una delle manifestazioni dei giornalisti contro le querele temerarie)