È cominciato il processo sui depistaggi che per dieci anni avrebbero, secondo la procura di Roma, impedito di accertare la verità sulla morte di Stefano Cucchi: ma i cittadini non avranno la possibilità di vedere le immagini delle udienze né di ascoltare le testimonianze.
Il giudice del tribunale di Roma, Giulia Cavallone, ha infatti negato le videoriprese delle udienze in risposta alla richiesta da parte di alcune televisioni di riprendere il processo sui ‘depistaggi’ del caso Cucchi, nel quale sono imputati 8 militari dell’Arma dei Carabinieri. È una decisione che risulta incomprensibile trattandosi di un processo di enorme rilevanza pubblica e sociale.
Senza la costanza della famiglia e senza la copertura mediatica, il caso Cucchi non sarebbe diventato di interesse nazionale. Un caso che riguarda il rispetto dei diritti umani dei detenuti e l’integrità dell’Arma dei Carabinieri (che si è non a caso costituita parte civile assieme alla Presidenza del Consiglio ed ai ministeri dell’Interno, della Difesa e della Giustizia).
Per questo la Federazione nazionale della Stampa italiana, l’Usigrai, le croniste e cronisti della Rai chiedono che venga garantita a tutte le televisioni la possibilità di seguire anche questo nuovo processo con gli strumenti indispensabili, cioè microfoni e telecamere, anche dentro l’aula.
Il diritto di cronaca è innegabilmente garantito dai giornalisti presenti in aula, come ha sottolineato il giudice, ma un processo di tale portata, garantendo sempre e comunque i diritti degli imputati relativamente alle riprese che li dovessero riguardare, non può limitarsi per completezza di informazione e per totale trasparenza anche nei confronti del racconto dell’attività stessa del tribunale, al mero diritto di cronaca.
Ci auguriamo che qualora dovesse essere rinnovata la richiesta, il giudice, in vista delle prossime udienze rivaluti la decisione nell’interesse collettivo della ricerca della verità su una vicenda così controversa.