Mentre il M5S pensa solo ai suoi, e chiama Grillo a Roma
Di Beppe Pisa
Sergio Mattarella lancia il suo richiamo ai partiti, un richiamo alto e senza entrare nelle polemiche quotidiane: preparare il futuro significa risolvere i problemi senza pensare solo al consenso. Davanti alle più alte cariche politiche e istituzionali, dal presidente del Consiglio, ai presidenti delle Camere ai principali ministri e leader di partito, il Capo dello Stato chiede di alzare lo sguardo per mettere le basi di un futuro che di fatto è già qui, con mutamenti epocali, basti pensare al clima, all’agenda digitale e al lavoro, che non possono attendere le sterili polemiche e le manovre di piccolo cabotaggio. Innanzitutto Mattarella ricorda che la politica è certo fatta “anche di scontri” ma ricorda la frase di Aldo Moro per cui è “di straordinaria importanza la ‘comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo’”, senza i quali la società rischia “lacerazioni profonde”. Serve dunque il “rispetto reciproco” e in particolare, ricorda, proprio mentre le Camere esaminano in tempi stringati la manovra 2020, che la democrazia richiede il rispetto della maggioranza verso le opposizioni. Ma soprattutto il politico deve pensare al “bene comune” e dunque al futuro, che di fatto “è già cominciato”.
“Governare le trasformazioni è possibile” anche se “mutamenti climatici e realtà digitale sono paradigmi di un tempo davvero inedito”. Ma guardare solo al passato “condurrebbe inevitabilmente a un rapido e malinconico declino”. Per il Presidente “preparare il futuro” vuol dire “alzare lo sguardo dalle emergenze del presente” che “non significa in alcun modo parlar d’altro”. A una maggioranza che spesso battibecca, a opposizioni che cercano lo scontro, a una politica spesso ripiegata sulla breve rendita di uno slogan, Mattarella chiede di “indicare la cornice e un metodo” per “risolvere i tanti problemi, anche gravi, che attendono soluzioni, guardando oltre il contingente e la mera ricerca di consenso”. L’agenda è sotto gli occhi di tutti, bisogna solo “assumere decisioni” e “compiere delle scelte nei tempi richiesti dalla velocità delle trasformazioni in atto”. Tra i grandi temi da affrontare c’è il cambiamento climatico, per cui “prevenire è un dovere”. E l’agenda digitale deve contemperare opportunità ed eguaglianza di possibilità. Infine il lavoro, una vera e propria “missione per cui combattere” in una fase di crisi dell’economia che ha lasciato sul terreno molte crisi industriali. Il “nemico da sconfiggere insieme è la mancanza di lavoro, quel lavoro indicato come fondamento della nostra Repubblica. Il lavoro che, quando c’è, è sovente precario o sottopagato”. Non va dimenticata ovviamente la cornice dell’Europa, “casa nostra”, alla cui “fase di importante rifondazione” verso una “integrazione equilibrata e solidale” l’Italia vuole contribuire con proposte qualificate. Il Capo dello Stato rivolge infine un pensiero all’elezione di due donne alla guida dell’Avvocatura generale dello Stato e della Corte costituzionale, a dimostrazione che la presenza femminile è “straordinario fattore di crescita ed equilibrio”.
Nel frattempo, sul piano della politica politicante, il ritorno di Beppe Grillo ci voleva proprio. Anche mediaticamente, il garante si è caricato sulle spalle il Movimento 5 Stelle per poco più di 24 ore, coprendo le lacerazioni interne grazie al suo carisma e mandando all’esterno segnali di compattezza che, invece, proprio non c’è in questa fase della storia pentastellata. Spostare l’attenzione sul co-fondatore, fargli incontrare i parlamentari, farsi vedere pubblicamente sempre al fianco di Davide Casaleggio – e in piena sintonia con Luigi Di Maio, cui ha rinnovato di fatto la fiducia – è stata una mossa da bomber della comunicazione. Ma chissà quanto utile, ai fini pratici, per evitare che altri portavoce abbandonino la casa madre. È significativo che nel suo blitz capitolino Grillo non abbia incontrato Alessandro Di Battista, attavolato con il dissidente Gianluigi Paragone insieme a un gruppo di attivisti. Peraltro prestandosi a selfie poi finiti sulla rete e quindi alla portata di tutti. Questo corto circuito è stato notato, soprattutto da quelli che sentono le mura stringersi da quando il coinquilino è il Pd e non più la Lega. Senza dimenticare il terzo incomodo Matteo Renzi.
Il comico genovese dice di essere stato tranquillizzato dai senatori, ma nemmeno la presenza di Mario Giarrusso, l’altra sera, all’incontro di Palazzo Madama, non è offerta di resa sulle rivendicazioni. La guardia, infatti, resta alta per appuntare ogni minimo movimento sospetto. Un capitolo a parte riguarda, invece, la leadership di Di Maio. Che Grillo non mette in discussione (senza spendere nemmeno una parola per Giuseppe Conte). “Tutti pensavano che Beppe fosse venuto per destituirmi, invece non è successo niente, come al solito”, ride il ministro degli Esteri. Ma se d’ora in poi il garante manterrà la promessa di farsi vedere più spesso dalle truppe Cinquestelle, prima o poi qualcuno potrebbe credere ad un ‘commissariamento’ di fatto del capo politico. O, come qualche parlamentare equidistante da “Luigi e Dibba” fa notare, il rientro in campo “dell’Elevato” potrebbe indebolirne l’autorità: “Se ogni volta Beppe viene a toglierci le castagne dal fuoco, come puoi condannare chi poi si rivolgerà a lui e non a Di Maio per risolvere una grana?”. Ma questi sono problemi troppo lontani. Il Movimento preferisce guardare a orizzonti più vicini. Perché in questa fase del governo ‘del domani non v’è certezza’.