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Manovra. Via libera dal Senato alla fiducia con 164 voti, nonostante i malumori del M5S

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Ora passa alla Camera, ma il voto pare scontato. Gualtieri: “è un piccolo miracolo”

Di Pino Salerno

Il via libera del Senato alla manovra arriva con 166 voti a favore. Un buon risultato per il governo che vede aumentare i voti della maggioranza: erano 164 quando palazzo Madama ha votato per il Mes, sono due in più oggi. Tra i 101 senatori M5s va registrato il no di Gianluigi Paragone e le assenze di Alfonso Ciampolillo, Primo Di Nicola, Mario Michele Giarrusso e Cataldo Mininno. Hanno votato no anche Grassi, Lucidi e Urraro, ex senatori M5s, passati con la Lega. Fa discutere la decisione di Elisabetta Casellati di dichiarare inammissibile la norma per legalizzare la cannabis leggera: il centrodestra la applaude, maggioranza e governo protestano e il M5s chiede le dimissioni da presidente del Senato. Il testo deve ora essere approvato dalla Camera blindato, senza più modifiche, per essere approvato a ridosso del Natale. Salvo imprevisti, la manovra non cambia più: passa senza la legalizzazione della canapa, con lo stop all’aumento dell’Iva, con un taglio da 3 miliardi delle tasse per i lavoratori, con plastic e sugar tax ma anche con una nuova tegola da 47 miliardi di aumenti di Iva e accise nel 2021 e nel 2022 che dovranno essere disinnescati. Il voto del Senato sulla manovra arriva con il “sì convinto” di Pd e Leu, con un sì con riserva di Italia Viva e con un sì M5s guastato dalle “dissidenze”. In Aula il clima si surriscalda davvero solo a inizio di seduta, quando Casellati dichiara inammissibili 15 norme, tra cui quella introdotta da un emendamento M5s che avrebbe l’effetto di legalizzare la cannabis light. Il centrodestra applaude il presidente. La maggioranza protesta: “E’ una scelta tecnica” perché le norme ordinamentali non possono andare in manovra, “se questa misura per voi è importante fatevi un disegno di legge”, ribatte la presidente.

Cosa c’è in sintesi nel maxiemendamento

Quasi 24 miliardi di euro per la sterilizzazione della clausola di salvaguardia sull’Iva, 25 per i Comuni, 4,24 per il Green New Deal. Misure come la plastic tax (che però entrerà in vigore solo a metà 2020 e renderà meno di quanto previsto inizialmente, poco più di un miliardo in tre anni), 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale che dovrebbe portare 500 euro in più in busta paga ai redditi più bassi, l’abolizione del superticket sanitario, il rifinanziamento del fondo per la famiglia, un miliardo di credito d’imposta 4.0, il rifinanziamento del bonus cultura. Sono alcune delle principali novità introdotte da una legge di bilancio che però sarà ricordata probabilmente per ciò che doveva essere e che all’ultimo non è stato. Dalla cannabis light alla proroga del regime tutelato per l’energia, passando per la Tobin Tax allo 0,04%, sono tante le norme saltate proprio all’ultimo, un po’ per l’inammissibilità dichiarata dalla presidenza del Senato, un po’ per i rilievi della Ragioneria di Stato che hanno costretto agli straordinari la Commissione Bilancio del Senato, con il governo che alla fine ne ha recepito nel maxiemendamento tutte le richieste: confermata la possibilità di richiedere lo sconto in fattura per ecobonus e sismabonus, stralciata la sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi. Rimangono i due pilastri della scorsa manovra, reddito di cittadinanza e quota 100, per il quale peraltro aumentano i risparmi stimati, 3.8 miliardi in tre anni. Rimane la sugar tax, ma solo a partire da ottobre 2020, mentre la plastic tax costerà 45 centesimi al chilo e comprenderà anche il tetrapak, cresce “la tassa sulla fortuna”, ovvero da vincite alle lotterie, salgono le accise sui carburanti (303 milioni nel 2021, 651 milioni nel 2022 e 132 milioni nel 2023 a meno di sterilizzazione della clausola di salvaguardia dal prossimo anno).

Tuttavia lo stato di salute dell’esecutivo non permette ottimismi

Anche oggi, in una giornata che avrebbe dovuto far registrare solo commenti entusiastici per l’aver scongiurato l’aumento dell’Iva, non sono mancati distinguo e prese di posizione critiche. Matteo Renzi, in particolare, ha prima fatto sapere che il governo può stare tranquillo fino a dopo le feste, “se ne riparlerà il 7 gennaio”. E poi, intervenendo in Aula nel corso delle dichiarazioni di voto, ha sottolineato che, nonostante il via libera da parte sua e del suo partito, Italia Viva chiede un cambio di passo al governo. I punti critici della manovra, per i renziani, sono sempre la sugar tax e la plastic tax, ma in generale Renzi e i suoi non vedono quell’impegno necessario per “far tornare l’Italia ai livelli di crescita del passato”. Per questo, il senatore di Rignano rilancia con il provvedimento “shock” da 120 miliardi per sbloccare i cantieri. Un segnale agli alleati che l’ex premier condisce con un invito ai leghisti: “Se davvero hanno voglia di essere seri e responsabili verso questo Parlamento, il piano shock sui cantieri è a loro disposizione”. Ben diverso l’atteggiamento del Pd per il quale, con il varo della manovra, si passa da una stagione “di precarietà a una nuova fase di speranza”. Per il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, la manovra si può definire “salva Italia perché alla fine è questo il risultato economico, produttivo e sociale che produce” , ha detto Zingaretti, parlando con i giornalisti a margine di un convegno. “E’ stata faticosa – ha continuato – però penso di poter dire che l’obiettivo è stato raggiunto. E’ stata molto utile per chiudere una stagione segnata dalla precarietà e aprirne un’altra diversa e fondata sulla ricostruzione della speranza”.

Poco dopo il voto, la maggioranza si riunisce a palazzo Chigi per quello che sembrava dovesse rappresentare un redde rationem potenzialmente fatale. Ma in mattinata era stato lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a sottolineare che si tratta di un “incontro, di un vertice, nessuna verifica”, per poi aggiungere: “Io sono qui per lavorare e dare una prospettiva migliore al Paese, non per staccare la spina”. E con il passare del tempo il vertice è stato derubricato da “verifica” di governo a tavolo per stilare il cronoprogramma del governo, a ‘punto’ sui tre nodi Giustizia-Autonomia-Crisi Aziendali per finire con un solo dossier all’ordine del giorno, quello sull’Autonomia. Per quello che riguarda l’Autonomia differenziata, il ministro Francesco Boccia avrebbe voluto inserire il testo in manovra, ma ha incontrato il niet di M5s e Italia Viva che hanno parlato di ‘blitz’. L’ipotesi accreditata da fonti di governo è che si possa procedere attraverso un disegno di legge da presentare alle Camere a inizio gennaio. “La riunione è andata bene, si è parlato solo di Autonomia. Aspettiamo gli ultimi contributi dalle forze di maggioranza e siamo pronti ad andare in parlamento. Avevamo promesso che il ddl sull’Autonomia sarebbe stato un collegato alla manovra e così sarà” dice il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia al termine del vertice di maggioranza nel quale, spiega, “sono arrivati contributi, che credo ultimativi, da M5S e Leu”.

 Gualtieri, con eredità difficile è un piccolo miracolo 

“Il voto del Senato ci consegna una maggioranza solida e coesa e una manovra che esce non solo confermata ma anche rafforzata nel suo impianto. E’ una manovra per i lavoratori e le famiglie, che spinge verso l’equità sociale, che favorisce lo sviluppo e contiene un’inedita e ambiziosa scommessa sull’ambiente come volano di crescita sostenibile”, scrive il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri in una nota dopo il voto sulla manovra. “Abbiamo evitato l’aumento dell’Iva di 23 miliardi – ha aggiunto il ministro -, stanziato 3 miliardi per il taglio delle tasse sugli stipendi, aumentato gli investimenti pubblici, dato impulso agli investimenti delle imprese, sostenuto i comuni con risorse preziose. Tutto questo senza tagliare un euro ai servizi pubblici, che invece rilanciamo a partire dalla sanità e dagli asili nido, e ingaggiando una lotta senza precedenti all’evasione fiscale. Con un governo insediato da pochi mesi, che ha ereditato una situazione difficile, questa legge di bilancio può essere considerata un piccolo miracolo. Dopo il voto finale alla Camera, partirà il lavoro sulle grandi riforme a partire dall’alleggerimento del carico fiscale per i redditi medi e bassi, e sugli investimenti e su una nuova politica industriale sempre più orientata all’innovazione, allo sviluppo e alla sostenibilità”.

Da jobsnews


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