Domenica scorsa, “La Repubblica” ha pubblicato i dati dell’ultimo sondaggio Demos da cui emerge il “boom” del movimento delle Sardine che da Bologna si sta espandendo in tutta la penisola invadendo le piazze. È risultato, infatti, che, se tale movimento si presentasse alle elezioni, un cittadino su quattro potrebbe votarlo.
Ma qual è il motivo di un successo tanto improvviso e spontaneo quanto di così notevoli proporzioni? La risposta è semplice ed ha una duplice angolazione: il movimento delle Sardine interpreta una parte sostanzialmente simile a quella del “M5S” delle origini. Esso è costituito da quella cospicua parte degli italiani che crede in quei valori di legalità, di trasparenza, di meritocrazia che i vertici del “M5S” hanno tradito non mantenendo la promessa di cambiamento che doveva riguardare, anche e soprattutto, la giustizia sociale e fiscale (lotta alla evasione), l’eliminazione della politica dal servizio pubblico nazionale radio televisivo, la lotta agli sprechi, alla burocrazia d’oro, ai favoritismi del sottogoverno. Nati nella piazza, i “grillini” hanno perso la base, hanno abbandonato la società e il territorio. Sono entrati nel “Palazzo” ma non sanno più proporre il senso ed i valori della “Politica”, così determinando una domanda e un vuoto di rappresentanza di proporzioni enormi. Ed è in questo vuoto, in queste piazze, che è sorto il movimento delle “Sardine”, nuovo attore del disagio democratico di fronte al declino dei partiti e, in particolare, del “M5S” nel quale aveva creduto il 34% degli elettori nelle politiche del marzo 2018 per poi crollare – in un anno di governo con la Lega – al 17% delle elezioni europee del maggio 2019, collezionando una sequela terrificante di sconfitte con percentuali da brivido (9,7% in Sardegna; 7,4% in Umbria).
In questo contesto si pone altro motivo che spiega il notevole successo del movimento delle Sardine che si sta ponendo come argine alla deriva autoritaria, xenofoba della Lega che – a seguito della insana e innaturale alleanza di governo con il M5S, caratterizzata, da un lato, dalla inadeguatezza del capo politico dei “grillini” Luigi Di Maio e, dall’altro lato, dalla spregiudicatezza del segretario della Lega Matteo Salvini – si è portata al 34% con la possibilità, in coalizione con F.I. e F.d.I., di raggiungere alle prossime elezioni politiche il 51% dei voti con le pericolose conseguenze facilmente immaginabili. Ed è anche questa deriva – che desta preoccupazione e sconcerto – che ha portato migliaia di cittadini a riempire le piazze di “Sardine”.
Ora, questo spontaneo movimento, questa invasione delle Sardine nelle piazze e l’impatto positivo delle loro iniziative sull’opinione pubblica – che è alimentato dalla inadeguatezza di una classe dirigente politica senza memoria né visione del futuro – dimostra che l’attuale modo di far politica è un’esperienza triste, negativa cui fa difetto la partecipazione, l’uscire nelle strade e nelle piazze, il parlare insieme agli altri cittadini anziché compiacersi di continuo negli studi televisivi.
Ed, allora, è necessario che gli esponenti di spicco del nuovo movimento facciano molta attenzione a non commettere i medesimi errori del “M5S”: devono, cioè, rifiutare le logiche della politica come spettacolo e come marketing: andare un giorno sì e pure l’altro nei Talk-show – come ha fatto il capo politico dei “5 Stelle” (ed, in precedenza, il segretario del PD Matteo Renzi) – logora e consuma; significa finire nei vortici di quella delusione e disaffezione da parte degli elettori che ha risucchiato leader e partiti.
Ora, però, le interviste a raffica, anche due nella stessa giornata, la presenza continua in trasmissioni televisive di un giovane leader delle Sardine non fa ben sperare che i capi di quel movimento sappiano resistere al fascino (rectius: virus) di quella esposizione mediatica e di quel modo (negativo) di far politica che tanto ha nociuto all’immagine del “M5S”.
*Già Presidente di sezione della Corte di Cassazione