Ho visto la serata inaugurale del 7 dicembre su un grande schermo posizionato nella sala ovale, non già della prestigiosa Casa Bianca, bensì del carcere di San Vittore e ho potuto apprezzare, insieme a tutti quelli che erano con me, una bellissima rappresentazione della più teatrale delle opere di Puccini.
Scene, colori e regia che erano un benessere per gli occhi e straordinaria prova attoriale del tre protagonisti, ripresi molto spesso da vicino con dettaglio su espressioni e movenze e che hanno saputo impersonare, in modo davvero credibile ed emozionante, i tre diversi caratteri dei personaggi centrali dell’opera. Tosca e Scarpia strepitosi e Mario, il meno carismatico del terzetto, fisicamente assai azzeccato.
Dal punto di vista musicale, ho trovato splendida la direzione di Chailly, ispirato e compreso nello spartito come rare altre volte mi era capitato di apprezzare, orchestra e coro all’altezza di quello che viene considerato, a torto o a ragione, il più importante teatro d’opera del mondo e professionali tutti i comprimari, anche se la voce di Spoletta talvolta mi risultava irritante.
Anna Netrebko e Luca Salsi sono stati, anche vocalmente, due notevolissimi interpreti di due tra i personaggi più complessi della storia del melodramma andando, soprattutto nel caso del secondo, oltre ogni mia migliore aspettativa e per di più sono risultati fantasticamente assemblati tra loro anche come timbro e fraseggio, in entrambi i casi accuratissimo.
Tra l’altro i due hanno mostrato grande classe anche nel superare senza impacci l’errore del secondo atto di Tosca, atto che nel complesso ha reso in tutta la sua meravigliosa teatralità e che rappresenta, insieme al finale del primo, la parte capolavoro dell’opera di Puccini.
Ovvio che non sono nè Maria Callas nè Tito Gobbi, ma direi che a conti fatti la Netrebko, se non può ambire per ora al podio delle quattro storiche Tosche dell’era moderna (Callas, Tebaldi, Price e Kabaiwanska), non sfigura al gradino immediatamente successivo insieme a Caballé, Ricciarelli (in disco), Guleghina e Dessì.
Dopo la Bolena di Monaco è stata la volta in cui l’ho apprezzata di più e ben superiore alla Giovanna d’Arco inaugurale di qualche anno fa e anche Salsi mi è parso assai più carismatico che nell’Andrea Chenier di due anni fa.
Rimane il Cavaradossi di Meli ingaggiato solo in un secondo momento e in un’opera che credo avesse in precedenza eseguito solo una volta.
Fisicamente e scenicamente, si ripete, era il Mario perfetto e anche il più adatto a quella Tosca e a quello Scarpia, la voce come sempre è bella nei centri e gli acuti, more solito, non sempre adamantini, ma Tosca non è opera di acuti, a parte La vita mi costasse del primo atto e il Vittoria del secondo, e quindi nel complesso, seppur con qualche abuso di falsetto non troppo sonoro soprattutto nel lucevan le stelle , il personaggio è risultato pienamente centrato.
In conclusione, una grande serata di musica con una delle più belle opere non solo di Puccini, ma dell’intero melodramma, e con i tempi che (mala) corrono non è cosa da poco.
Personalmente è la più bella che ho visto, ivi comprese precedenti edizioni con cast altisonanti tipo all’Arena con Shirely Verrett, Giacomo Aragall e Ingvar Wixell, piuttosto che alla stessa Scala con Ghena Dimitrova, Giuseppe Giacomini e Piero Cappuccilli, non i primi che passavano per strada, insomma…
Se poi alcuni melomani incalliti preferiscono (riba)dire che la Callas era altra cosa, che non si può ripetere una frase appena detta ad una Prima o che un regista di fronte a Puccini dovrebbe limitarsi a dipingere una quinta come si faceva una volta, sennò disturba la memoria del compositore, nessun problema.
Mi spiace per loro, perchè hanno perso l’ennesima occasione per godere di una grande serata di teatro in musica, anche perchè, per ascoltare i vecchi dischi e discettare su quanto era meglio questo o quello, avremo, ahimè, tutta la vecchiaia per farlo.