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Italiani senza cittadinanza ed italiani con doppia cittadinanza. Chi sono le sardine di Londra

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Londra – Il sabato mattina dopo le elezioni politiche nazionali più importanti di una generazione, Londra si sveglia ancora sotto shock. La città più multiculturale d’Europa sembra prepararsi ad ondate di proteste, ed invece tutto tace. La Brexit è vicina come mai prima: politiche di divisione che si fanno ancora più concrete per chiunque abbia scelto questa nazione come seconda casa. C’è una voce che, però, si leva ferma, forte ed allegra da Parliament Square, appena dietro la statua di Winston Churchill che imponente volge il suo sguardo al Parlamento di Westminster: sono le Sardine italiane a Londra.

Apripista del Sardine Global Day che trova il suo centro in Roma per sincronizzarsi poi con altre 33 città in Italia e nel resto del mondo, Londra sfida la pioggia ed il clima post-elettorale: a decine prima ed a centinaia poi, gli italiani e non che si riuniscono per dire no ad una classe politica italiana che per troppo tempo ormai ha professato odio ed intolleranza come suo unico credo.

La protesta degli italiani migrati nel Regno Unito nasce con la stessa semplicità con cui nascono le proteste della società civile negli ultimi anni, da quelle della primavera araba al #MeToo: sui social network.

“Dopo Bologna” – racconta Luca Privinzano, fra gli organizzatori e portavoce di 6000SardineUK – “ci siamo spontaneamente ritrovati su Facebook con un post banale: qualcuno su Londra? Forse un po’ per gioco, ci siamo messi in discussione ed abbiamo rischiato. Non era facile organizzare una piazza su Londra, soprattutto data l’attuale scena politica britannica; ma abbiamo voluto provarci. Ci siamo quindi riuniti in un pub una sera, come si addice alla tipica cultura londinese: abbiamo scoperto di esser accomunati da storie simili, ma soprattutto da valori comuni. Quando abbiamo organizzato la protesta, non avevamo aspettative molto alte; eppure in piazza sabato mattina eravamo circa 600 persone. Sicuramente ci promettiamo – e promettiamo a chi c’era – di non abbandonare la piazza in futuro per confermare i nostri valori fino a quando una certa classe politica non avrà smesso di usare la retorica dell’odio e della divisione”.

Giovani, ma anche anziani, famiglie con bambini, persino amici a quattro zampe riempiono i giardini di Parliament Square dalle 10:00 del mattino, mezz’ora prima del raduno

annunciato sul canale Facebook del movimento. Cartelloni e magliette che dicono no alla costruzione di barriere e sì alla metafora del mare aperto, quello in cui le sardine sono libere di muoversi senza confini.

Si canta, ci si confronta, ci si conosce, si legge in italiano ed in inglese il manifesto ufficiale del movimento che da Bologna ha superato i confini nazionali per spargersi in tutta Europa e nel mondo intero. Ma il momento più interessante è dato dalle testimonianze raccolte fra i partecipanti che volontariamente salgono su un palco improvvisato (il muretto che circonda i Gardens) per condividere la loro storia, un pensiero o un messaggio di apertura.

Tighisty Habte, alla soglia dei 40, è italiana di origine eritrea e mostra la scritta sulla sua maglietta. Italiani Senza Cittadinanza. “Io faccio parte della seconda generazione di immigrati in Italia, o italiani nuovi come ci definisce qualcuno. Sono qui oggi perché – come tanti connazionali – anch’io ho dovuto emigrare per motivi di lavoro, anch’io non ho trovato in Italia le possibilità che mi offre Londra oggi. Sono una fisioterapista, lavoro in un ospedale e ho vissuto tutta la mia giovinezza a Verona; ma sento oggi più che mai un clima di avversità che qualche anno fa forse c’era anche, ma era latente. Se oggi alcune persone si permettono di insultare ed offendere il diverso è perché questo modo di parlare è stato sdoganato da una certa classe politica, di cui non farò nomi perché non ritengo necessario far loro pubblicità. Paradossalmente mi sento molto più italiana qui a Londra di quanto mi senta a Verona: è qualcosa di davvero strano, ma quando mi presento qui vengo subito riconosciuta per il mio accento. Invece in Italia devo sempre spiegare: le mie origini, il colore della mia pelle, il mio essere italiana a tutti gli effetti tranne che per la legge dello Stato italiano. Per questo voglio unirmi alle Sardine oggi, perché l’immigrazione è un fenomeno fluido: c’è sempre stato e sempre ci sarà. Certamente l’Europa deve esser capace di regolarlo, di fornire risposte anche complesse a problemi complessi ma non liquidarlo con pura demagogia, propaganda e sovranismo”.

Ed è proprio il fenomeno migratorio a fungere da collante dell’intera mattinata di protesta Made in UK. Ambra Malandrin, anch’ella fra gli organizzatori, legge un commovente messaggio ai manifestanti: “Tutti noi in qualche modo siamo migranti: alcuni di noi sono privilegiati perché hanno un pezzo di carta, un passaporto, un visto; mentre altri hanno dovuto affrontare un percorso molto più pericoloso e traumatico. Quello che, però, unisce tutti noi è la ricerca di una vita dignitosa. Siamo stanchi di abbassare la testa e credere alle bugie che per anni ci sono state raccontate: vogliamo guardarci in faccia e riconoscerci come persone fisiche, identità diverse con storie ed esperienze che hanno un valore, vogliamo tornare ad essere umani”.

Una dopo l’altra si susseguono le storie dei partecipanti: Robin Whalley, 26, film editor, con doppia cittadinanza italo-inglese, ha votato giusto meno di 48 ore prima per le elezioni britanniche e manifesta preoccupazione anche per le politiche divisorie che pervadono il Regno Unito almeno dal Brexit referendum del 2016 fino ad oggi. C’è poi Cinzia Bevilacqua, 27 anni, pugliese, account manager in una società a Londra, che ha ritrovato speranza verso la politica dopo molti anni grazie al movimento delle Sardine: Cinzia racconta di come sia stata proprio la sua esperienza internazionale a consolidare i suoi valori di antifascismo e di apertura verso il prossimo. E poi c’è Marina Magno, 43 anni, partita per Londra per garantire un futuro florido alla figlia: la possibilità di studiare per inseguire il sogno di lavorare nel cinema fin da adolescente, e che ha trovato proprio oltre Manica un welfare che protegge di più che versa in situazioni familiari come la sua.

Storie diverse, età ed esperienze di vita che rafforzano l’obiettivo comune: unirsi contro un modo di fare politica, in Italia ed all’estero, ormai aggressivo e propagandistico. La cultura – citando Eco, Gramsci, De Condorcet – diventa motore di azione di un movimento che ha gettato un seme che occorre coltivare e curare perché possa crescere e fungere da esempio per le generazioni di giovanissimi.

Londra si è unita in un abbraccio collettivo: non importa dove ci si trovi o quali ragioni ci abbiano spinto a lasciare – temporaneamente o indefinitamente – la madre Patria; quel che conta è che anche oltre confine c’è un popolo preoccupato per la deriva cui sta andando incontro il nostro Paese. Essere cittadini del mondo non esclude esser cittadini italiani consapevoli, informati, attenti: significa avere forse maggiori strumenti per poter fare la differenza. Una differenza che non abbia paura del diverso e che – proprio come delle sardine in mare aperto – non conosca barriere.


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