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Hate speech. Compito dei giornalisti è essere consapevoli

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“Non ha mai pronunciato parole d’odio”, ha scritto Walter Veltroni in ricordo di Pietro Terracina, l’unico sopravvissuto della sua famiglia ai lager, morto pochi giorni fa. “Siamo stanchi di sentire questo linguaggio d’odio”, dice una giovane “sardina” intervistata da Radio Popolare. Lei viene da Busto Arsizio, paesone lombardo amministrato dalla Lega da una trentina d’anni.

Il linguaggio. Chi l’avrebbe mai detto che nel 2019 i sopravvissuti ai campi di sterminio e quel pezzo di società civile che si sta riprendendo le piazze sarebbero stati connessi dal filo rosso del linguaggio? Che debbano scendere in piazza anche 600 sindaci per ribadire che “l’odio non ha futuro” è un ulteriore segnale di pericolo. Succederà martedì 10 dicembre, a Milano, in piazza della Scala. Iniziativa nata come abbraccio collettivo a Liliana Segre, aggredita con una violenza che ricorda la ricerca del capro espiatorio che i regimi fascista e nazista hanno scatenato contro gli ebrei, i gay, gli avversari politici.

Come Pietro Terracina anche Liliana Segre non ha mai pronunciato parole d’odio o rancore contro chi le ha sterminato la famiglia. “Non odio, ma non perdono” continua ripetere con quella fermezza quasi gelida, tipica di chi ha vissuto l’orrore. Ed è questa limpida dichiarazione politica a far imbestialire i fascisti e i nazisti di oggi: una cosa è ricordare con precisione cosa è accaduto, chi sono i colpevoli, quali sono stati i loro crimini; e un conto è esprimere desiderio di vendetta o disumanizzarli. Se ci pensate è esattamente l’opposto della retorica salviniana, che aizza il rancore verso precise categorie.

Ancora una volta compito dei giornalisti non è semplicemente stare a guardare, bensì essere consapevoli: sapere cosa produciamo quando diamo spazio a certe narrazioni, avere il coraggio di schierarsi quando il linguaggio sta superando il limite della critica, del confronto, perfino dell’invettiva politica e sta diventando hate-speech. Articolo21 ha scelto ancora una volta di schierarsi: ha aderito alla manfestazione “L’odio non ha futuro” e parteciperà a quel grande abbraccio collettivo per Liliana Segre. Farlo il giorno in cui si ricorda la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è una ragione in più.


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