“E’ la più grande operazione dopo il maxiprocesso di Palermo”. E’ il primo commento a caldo del capo della procura distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri al termine dell’operazione che ha portato all’arresto di 334 persone tra affiliati alla ndrangheta, professionisti di vari settori e politici. E’ la prima volta che emergono in modo palese nelle risultanze di un’inchiesta, intrecci fra criminalità organizzata, massoneria, in questo caso non deviata, e politica. L’intero impianto fa capire come ci sia stato tra i vari attori un continuo “mutuo soccorso” per pilotare appalti ed affari in cambio di voti con iniziative atte a drenare soldi pubblici. Ma si andava anche oltre, come evidenziano alcune intercettazioni, dove uno dei boss delle ‘ndrine di Vibo Valentia chiede all’avvocato Giancarlo Pittella, ex parlamentare di Forza Italia, appartenente al Grande Oriente d’Italia ed arrestato questa mattina, una raccomandazione per far superare un esame che la propria figlia avrebbe dovuto sostenere all’Università di Messina, oppure un’altra per facilitare l’ingresso del figlio medico di un altro boss al policlinico Gemelli di Roma.
L’operazione è stata condotta da circa 2500 uomini delle forze dell’ordine con la collaborazione di varie polizie europee: arresti sono stati effettuati in Germania, Svizzera e Bulgaria ed in numerose regioni italiane al nord, centro e sud. L’azione è stata anche anticipata, come ha rivelato lo stesso Gratteri, di 24 ore a causa di una fuga di notizie. Pare che alcuni pseudo servitori dello stato, tra le forze dell’ordine, fossero in contatto continuo con alcuni indagati, segno di come le ramificazioni del sodalizio criminale arrivassero fin dentro le istituzioni. Tuttavia la parte che sconcerta in tutta l’indagine è l’intreccio sempre più stretto tra massoneria, criminalità organizzata e politica.
In Calabria, come altre regioni del sud ad alta densità criminale, è difficilissimo svolgere il ruolo d’amministratore pubblico, qualsiasi sia l’ente, Comune o Asp ad esempio. In genere quasi tutti gli amministratori conoscono i propri territori, così come conoscono le persone che vi operano, c’è quindi un’ampia possibilità, da parte della politica, di allontanare richieste provenienti da determinati ambienti. Questo è uno dei punti che l’inchiesta della DDA ha messo in luce. Non basta dare un’immagine da “volto pulito della politica”, come il sindaco di Pizzo Calabro Gianluca Callipo, anche lui destinatario di un provvedimento di custodia cautelare, che nel 2015 si candidò alle primarie del Partito Democratico per la segreteria regionale contro l’establishment del partito, se poi le pratiche amministrative restano le stesse di chi si vuole estromettere. La politica deve recidere qualsiasi legame con criminalità e massoneria, legame sempre più presente come dimostrato da molte inchieste degli ultimi anni.
Si può dire, riproponendo ciò che ha affermato in conferenza stampa il Procuratore Gratteri, che oggi sia stata una giornata storica per la Calabria? E’ difficile, al momento, rispondere ad una domanda di tale portata. Questa inchiesta sicuramente è un punto di svolta, non solo perché lo Stato ha confermato di esserci, con tutte le sue strutture istituzionali, ma soprattutto perché l’opinione pubblica avrà elementi in più per valutare la scelta dei propri amministratori ed una maggiore consapevolezza di come il cancro della ndrangheta e le metastasi dei legami con la politica abbiano sempre più depauperato il proprio territorio.