Gualtieri soddisfatto: “sostenuto gli interessi nazionali evitando l’isolamento dell’Italia”. Tempi tecnici per la scrittura del testo. Voto a inizio anno. Di Maio ha qualcosa da dire?
Di Alessandro Cardulli
Di Maio ora tace. La riforma del Meccanismo Europeo di stabilità, l’ormai più che famoso Mes o, come in origine, Esm, praticamente ha avuto semaforo verde dai ministri delle Finanze riuniti a Bruxelles. C’è solo da scrivere il testo definitivo, o meglio da mettere in bella copia il testo approvato. L’approvazione è prevista per l’inizio dell’anno prossimo. Un rinvio, così come aveva chiesto Giggino Di Maio, ministro degli Esteri e capo dei pentastellati, il quale addirittura non aveva apprezzato neppure la relazione alle Camere tenuta dal presidente del Consiglio. In effetti, il Di Maio, con i suoi ripetuti interventi, le intimazioni rivolte sia nei confronti del premier che del ministro dell’Economia che sta seguendo la “partita Mes” mirava ad un vero e proprio stop a portare avanti il progetto della Ue, in sintonia, di fatto, con il capo delle Lega, Salvini Matteo il quale punta a far saltare la riforma del Mes e di fatto, alla fuoriuscita dell’Italia dall’Unione europea. Non è un caso che autorevoli esponenti della Lega, Borghi in primo luogo, al momento in cui da Bruxelles, nella notte, il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, auterevole esponente dei socialisti portoghesi, ha annunciato che la riforma del Mes era sostanzialmente chiusa, che restavano da definire alcuni dettagli tecnici e il ministro Gualtieri faceva presente i risultati ottenuti dall’Italia, arrivavano dichiarazioni leghiste in cui si affermava che ora l’Italia poteva uscire dall’area euro. Al momento in cui scriviamo da sottolineare il silenzio del Di Maio, il quale in questi giorni non ha perso occasione per far saltare il banco, in combutta con il redivivo Di Battista in cerca di rotture in particolare con il Pd. Il rischio della crisi si governo, nuove elezioni in cui M5S, stando ai sondaggi, sarebbe uscito più che malconcio, era calcolato. Forse, però, i due potevano riuscire a mantenere un seggio alla Camera.
Torniamo così a Bruxelles all’annuncio dato da Centeno. L’Eurogruppo – ha detto, come riportano le agenzia di stampa – ha raggiunto un accordo di principio su “tutti gli elementi della riforma” del Mes, incluse le “note esplicative” sulle clausole di azione collettiva (Cacs), su cui l’Italia con Gualtieri si è battuta durante la riunione. Alle domande dei giornalisti, italiani in particolare, se l’approvazione della riforma non avverrà nel summit dei capi di Stato e di governo della settimana prossima Centeno ha chiarito: “Sì, la decisione finale non verrà presa ora”, ma solo “in seguito ad un accordo politico all’inizio dell’anno prossimo”. In ogni caso, “mi aspetto ancora che saremo in grado di firmare l’accordo politico finale nel primo trimestre del 2020”. A dire il vero non era mai stato detto che l’accordo sarebbe stato firmato nel corso di riunioni già convocate per metà dicembre. Il problema non era quando verrà la firma ufficiale ma se la firma ufficiale sarebbe avvenuta. Ora diventa una certezza, a meno che qualcuno non si metta di traverso. Senza mezzi termini quel qualcuno potrebbe essere solo l’Italia. Sarebbe interessante leggere una dichiarazione del Di Maio, sempre molto ciarliero, anche se le sue “cognizioni” in materia sembrano essere alquanto carenti, a voler essere clementi nell’uso delle parole. Ma mentre il ministro Gualtieri, in corso ancora la riunione dei ministri, annunciava che era riuscito a strappare la possibilità per i paesi che lo vorranno di ricorrere alla sub-aggregazione dei titoli pubblici ai fini dell’operazione eventuale di ristrutturazione del debito, rendendo così meno semplice la ristrutturazione del debito, un problema molto importante, il silenzio dei pentastellati non poteva che lasciare molti dubbi.
Dopo la conferenza stampa di Centeno arrivavano anche le dichiarazioni di Gualtieri. “Sono molto soddisfatto dell’esito dell’Eurogruppo, si trattava di un passaggio molto importante, complesso, delicato, occorreva tenere conto delle prerogative parlamentari italiane, e sostenere e difendere gli interessi nazionali”, evitando “l’isolamento del Paese e di dare messaggi sbagliati sull’impegno dell’Italia in Ue. Penso siamo riusciti a farlo in modo efficace”. Per quanto riguarda l’Unione Bancaria si procede con maggior lentezza. “No, non abbiamo una road map” e “non l’abbiamo sostenuta”, ma “ricordate – dice Gualtieri – che questo è solo il secondo meeting che facciamo su Edis (schema comune di garanzia dei depositi, ndr) e non è ancora il momento politico per avere questo sostegno”, ha detto. Anche il neo Commissario agli Affari economici Gentiloni sulla Unione Bancaria si è espresso in conferenza stampa dell’Eurogruppo con molta prudenza. La discussione, dice, “non sarà facile, la riunione di ieri ha mostrato le differenze tra i Paesi”, ma “è un inizio, ed è rilevante che queste porte che sembravano chiuse un paio di anni fa ora sono state riaperte”. Il 13 dicembre prossimo non sarà la tappa finale, il Consiglio europeo non sarà decisivo, ma la meta si è avvicinata. La parola torna al ministro Gualtieri. Ad attenderlo ci sono i giornalisti italiani. La mezzanotte è passata. I giornali, carta stampata, praticamente hanno chiuso le ultime edizioni. Il ministro è paziente. Riprende quello che aveva detto anche Centeno: “E’ stato raggiunto un accordo di principio, soggetto alle procedure nazionali che verrà finalizzato successivamente – dice – e che ha come questione aperta in quale forma giuridica inserire i termini di riferimento delle Cacs”, vale a dire le clausole di azione collettiva che regolano la possibilità di rivedere la valutazione dei titoli del proprio debito (in caso di ristrutturazione, quindi). Ci sono tre opzioni sul tavolo, che hanno tenuto i ministri a discutere fino a tarda notte: “Se elevarle a livello di trattato – elenca il ministro – o inserirle nell’allegato”, come vorrebbero i francesi, “o se verranno comprese in un documento”. Questo lavoro “tecnico”, ci tiene a precisare Gualtieri non si concluderà entro il consiglio europeo della prossima settimana: “Non ci sarà un testo completo di trattato la settimana prossima – questa cosa verrà decisa l’anno prossimo”. Stando ad alcune agenzie di stampa che raccontano i retroscena della riunione, retroscena che sono tipici di parte dell’informazione italiana, Gualtieri ha voluto essere certo che il documento finale contenga le richieste italiane. E cioè che il nuovo meccanismo di maggioranza semplice (single limb) deciso per rivalutare i titoli in caso di ristrutturazione del debito possa contenere dei “sotto-insiemi” per garantire tutti gli investitori e non solo alcuni (la maggioranza). La richiesta viene accordata su base volontaria: ogni Stato potrà decidere se dotarsi di queste ‘sub-aggregazioni’. Nelle prossime settimane sarà la volta dei tecnici elaborare e si auspica che ce la facciano a concludere il lavoro per la riunione dell’Eurogruppo prevista per il mese di gennaio. La formalizzazione dell’accordo è prevista nel mese di febbraio.
Ma il pacchetto di riforme non finisce qui. In discussione c’è il rafforzamento dell’Unione bancaria, la garanzia in particolare sui depositi (Edis, la sigla ). È una delle richieste avanzate da Gualtieri. E ne riparlerà a giugno. Dice il nostro ministro: “Noi vogliamo rafforzare l’unione bancaria ma oggi è stato evitato il rischio di ponderazione del debito e questo è un buon risultato”. L’11 dicembre Conte terrà la sua informativa in Parlamento, il giorno prima del Consiglio europeo. Si voterà sulle mozioni che i gruppi stanno elaborando sul Mes. “Io sono fiducioso che su questa base sia possibile raggiungere un consenso nella maggioranza perché complessivamente è una situazione migliore di quella di partenza”, dice il ministro dell’Economia. A proposito di Salvini e della destra parla “demagogia priva di fondamento”.