Un fondo di garanzia da 900 milioni, come per Carige. Scontro prima del Cdm tra renziani e M5S
Di Pino Salerno
E’ terminato dopo circa 90 minuti il Consiglio dei ministri nel corso del quale è stato dato il via libera al decreto per il salvataggio della Banca popolare di Bari. A quanto si apprende, la riunione è stata aperta del premier Giuseppe Conte che ha illustrato il provvedimento. Dopo di lui hanno preso la parola i capi delegazione dei quattro partiti di maggioranza.
“Misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento”: è il titolo del decreto per il salvataggio di Banca Popolare di Bari, così come modificato in Consiglio dei ministri. A quanto si apprende, il testo sarebbe stato approvato senza modifiche sostanziali, ma in Cdm si è scelto di modificare il titolo, esplicitando il sostegno al sistema del Sud. Il dl era annunciato come “Misure urgenti per la realizzazione di una banca di investimento”. Il governo prevede di creare una Banca di Investimento, con la ricapitalizzazione fino a 900 milioni di euro di Mediocredito Centrale attraverso Invitalia, dedicata principalmente al Sud. La cifra sul tavolo di 900 milioni, ricordano le fonti, è un fondo di garanzia uguale alle coperture stanziate precedentemente per il salvataggio dell’istituto ligure Carige.
Le norme previste dal decreto, finalizzato anche al salvataggio della Popolare di Bari, “possano contribuire al superamento di questi ostacoli strutturali e a ridurre il divario di sviluppo economico tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord” indica espressamente la relazione tecnica della bozza del decreto all’esame del Cdm che evidenzia la “dimensione eccessivamente contenuta” degli istituti del meridione. “Il divario tra le regioni del Mezzogiorno e il resto d’Italia, storicamente elevato – è scritto nella relazione illustrativa della bozza del decreto – si è ampliato nel corso della doppia recessione del 2008-2012. Nel 2018 il PIL nel Mezzogiorno risultava ancora di circa dieci punti percentuali inferiore a quello del 2007; nel Centro-Nord la differenza era pari a circa tre punti. Tale divario deriva in larga misura dalla minore produttività (prodotto per occupato) delle imprese meridionali, che può essere ricondotta anche alla loro minore dimensione. Imprese troppo piccole faticano a investire in ricerca e sviluppo e ad accedere ai mercati internazionali. Anche le banche meridionali, naturalmente deputate al finanziamento della piccola e media impresa locale, risentono di una dimensione eccessivamente contenuta; stentano a raggiungere livelli soddisfacenti di redditività, necessari ad alimentare il proprio capitale e dunque a espandere il credito all’economia reale”. “Si rendono pertanto necessari – è scritto – interventi che possano contribuire al superamento di questi ostacoli strutturali e a ridurre il divario di sviluppo economico tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord. L’esigenza di tale intervento presenta caratteri di urgenza alla luce delle recenti evoluzioni e situazioni di crisi, che rendono palese come esso non sia procrastinabile”.
Il premier Giuseppe Conte ha spiegato poi in Consiglio dei ministri che chiederà di essere informato sulle azioni che Bankitalia metterà in campo per accertare le responsabilità dei vertici della Banca Popolare di Bari. Il ministero dell’Economia, a sua volta, nell’eventualità di un intervento sulla Popolare di Bari, emetterà un decreto attuativo una volta ascoltato il parere del Parlamento. Se dovesse accadere, l’istituto verrebbe inglobato da Mediocredito Centrale e, attraverso un secondo decreto, trasformato in una Banca pubblica di Investimento.
“Positiva l’approvazione del decreto. Il governo è al fianco dei risparmiatori e dei dipendenti della Banca Popolare di Bari e delle imprese da questa sostenute ed è impegnato per il suo rilancio a beneficio dell’economia del Mezzogiorno”. E’ il commento del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al via libera del Cdm al decreto contenente le misure a sostegno dell’istituto di credito pugliese.
“Salvi i risparmi. Nessuna pietà per i manager e amici degli amici” dice all’Adnkronos il leader del M5S, Luigi Di Maio, commentando l’ok del Consiglio dei ministri.
Lo scontro va in scena prima della riunione del Consiglio dei ministri sulla banca pugliese, con i renziani che dopo aver confermato la presenza in Cdm, hanno avvertito: “nel titolo del decreto si citano misure per la realizzazione di una banca d’investimento – manco fossimo a Wall Street – quando nel testo non si nomina neanche una volta una banca di investimento. Non c’è nulla di male a dire le cose come stanno: si sta ricapitalizzando la Banca popolare di Bari. Punto”. Subito dopo è Luigi Di Maio a ribadire la linea M5s, avvertendo che “se si deve fare un intervento sulla Popolare di Bari, la banca va nazionalizzata, torna agli italiani e cominciamo a fare una banca pubblica per gli investimenti. Noi ci prendiamo la banca e cominciamo a prestare i soldi alle imprese oneste”. Non faremo “come è stato fatto in passato. Banca Etruria fece perdere soldi ai risparmiatori che stiamo risarcendo noi adesso”. Parole, quelle su Banca Etruria, che Italia Viva bolla come “slogan, demagogia e bugie. Se Di Maio vuole nazionalizzare la Popolare di Bari, lo faccia – osserva Marattin -. Non ha bisogno, nel decreto, né di nascondere l’operazione con fantasiose e inesistenti banche pubbliche degli investimenti né con lo ‘schermo’ di Invitalia”.