Siniša Glavašević, giornalista di Radio Vukovar, rimase in città durante tutto l’assedio iniziato a giugno 1991 per mano dell’esercito federale e delle milizie serbe, continuando a fare il suo lavoro. Con la caduta della città il 18 novembre, assieme ad altre decine di persone che avevano trovato rifugio nell’ospedale fu deportato in un hangar a Ovčara. Il suo corpo fu scoperto solo cinque anni dopo, assieme ad altri in una fossa comune, e finalmente tumulato il 14 marzo 1997 al cimitero Mirogoj di Zagabria.
Nato a Vukovar nel 1960 e qui cresciuto, dopo la laurea in letteratura comparativa conseguita a Sarajevo, Siniša ha iniziato a lavorare alla radio di Vukovar come speaker, per poi diventare redattore e infine giornalista di guerra.
Il massacro dei prigionieri prelevati dall’ospedale di Vukovar, è stato portato davanti alla Corte della sezione speciale per i crimini di guerra del Tribunale distrettuale di Belgrado. Come scriveva Andrea Rossini di OBCT, si è trattato di un processo esemplare in cui dopo 21 mesi, il 12 dicembre del 2005 è stata emessa la sentenza di primo grado di condanna di 14 dei 16 accusati, con pene dai venti ai dodici anni di carcere.
Siniša Glavašević viene ricordato tra i primi giornalisti uccisi durante la guerra di dissoluzione della ex Jugoslavia degli anni ‘90, ma anche come “eroe della guerra patriottica” (Domovinski rat). Un uso strumentale alla narrazione nazionalista, che non piace al figlio, Bojan, come ha dichiarato in un’intervista realizzata da BIRN nell’ambito del progetto europeo “Last despatches ”: “Ho visto mio padre l’ultima volta nel mio primo giorno di scuola… è una memoria che non mi fa piacere riportare a galla. (…) Per me, personalmente, il miglior monumento dedicato a lui è il libro ‘Racconti da Vukovar’. In più occasioni alcune persone hanno utilizzato i suoi testi per fini che non gli appartengono, ad esempio nelle proteste contro l’uso dell’alfabeto cirillico a Vukovar… Lui aveva studiato a Sarajevo, aveva amici che erano bosgnacchi, serbi, di tutte le minoranze. Di sicuro non avrebbe mai offerto la sua voce a chi ha una visione ristretta e nazionalista”.
Il libro “Priče iz Vukovara” citato dal figlio, uscito postumo nel 1997 e poi ripubblicato più volte, raccoglie racconti e corrispondenze di guerra che Siniša Glavašević è riuscito a inviare via fax prima della caduta della città, accanto a foto private concesse dai suoi parenti.
A 28 anni dalla sua scomparsa, vogliamo ricordarlo traducendo uno stralcio degli ultimi testi che il giornalista ha inviato via fax a Zagabria, il 12 novembre 1991, dal titolo “Priča o gradu ” (Racconto di una città).
“Rinuncio (mi arrendo) a cercare giustizia, verità, rinuncio al tentativo di subordinare la mia vita a degli ideali, rinuncio a tutto ciò che fino a ieri consideravo necessario per un buon inizio, o una buona fine.
Probabilmente avrei rinunciato anche a me stesso, ma non posso. Perché, chi resterà se tutti noi rinunciamo a noi stessi e fuggiamo dalla nostra paura? A chi lasciare la città? Chi se ne prenderà cura in mia assenza, mentre cercherò me stesso nei rifiuti di anime umane, mentre da solo perduto barcollerò, vulnerabile e stanco, al caldo, mentre i miei occhi si spalancheranno di fronte alla mia sconfitta personale? Chi si prenderà cura della mia città, dei miei amici, chi porterà Vukovar fuori dall’oscurità…”.