La ritirata di Arcelor Mittal, la manovra di Bilancio. Gli impegni del ministro Gualtieri. Landini (Cgil): Di Maio ha introdotto l’immunità penale. Convegno di HuffingtonPost
Di Alessandro Cardulli
Manovra di Bilancio con audizioni in Commissione Senato, con Cgil, Cisl, Uil insoddisfatte – come diciamo in altro articolo – con interventi del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che fa il punto nel corso di un convegno organizzato da Huffington Post che si è svolto a Milano. Sempre Gualtieri interviene sul negoziato governo-ArcelorMittal sulla vicenda dell’ex Ilva di Taranto, negoziato che compare in particolare sulle pagine dei giornali perché in effetti tutto sembra bloccato, lo stesso presidente del Consiglio è in attesa di notizie, di conferma, o meno, di un nuovo incontro con l’azienda. A Palazzo Chigi si sfoglia la margherita, petalo dopo petalo, sperando che gli indiani, quelli veri, i padroni dell’acciaio si presentino fumando il calumet della pace. È già tanto se l’incontro ci sarà, visti i precedenti, ma soprattutto se la controparte, chiamiamoli così, si presenterà non per ribadire un secco “no” ad ogni proposta che le viene fatta e nel frattempo dà chiari segni di smobilitazione per quanto riguarda la fabbrica di Taranto.
Sospeso lo scarico delle materie prime sulla banchina del porto di Taranto
Da alcuni giorni è sospeso lo scarico sulla banchina del porto pugliese delle materie prime destinate allo stabilimento. La decisione dell’azienda, si afferma in sede sindacale, sarebbe legata al proposito di fermare una delle due linee di agglomerazione. Nel frattempo, il ministro degli Esteri, Di Maio, che per disgrazia del governo e del Paese è anche il capo politico di M5S, che è stato ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, che ha accumulato circa 150 vertenze aziendali, non risolte, erge barricate, una sorta di orgia di parole, di no in particolare allo scudo, alla immunità penale per Arcelor. Neppure a parlarne. Dice che sia un bluff, che anche se andasse in porto in virtù degli emendamenti presentati in particolare dai renziani, gli indiani non farebbero marcia indietro. Rispondono altre forze politiche della maggioranza, il Pd, per esempio, se è un bluff smontiamolo, andiamo a vedere, ha detto il capogruppo Pd alla Camera Delrio. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, partecipando ai lavori di “Metamorfosi, le conseguenze del cambiamento”, convegno promosso da Huffington Post ricorda che “proprio Di Maio, quando era ministro aveva introdotto per decreto l’immunità penale poi l’ha eliminata con un emendamento in Parlamento, seguendo motivazioni puramente politiche ed elettorali. Era ed è il capo dei 5 stelle. Lui c’era quella notte, non era da un’altra parte”.
Produrre solo 4 milioni di tonnellate di acciaio è come chiudere la fabbrica
Si è detto “sorpreso” da questi atteggiamenti del ministro, per non dire di peggio, Landini nella intervista rilasciata a Milano durante i lavori di Metamorfosi. Ha raccontato alcuni momenti dell’incontro con il premier, la settimana scorsa a Palazzo Chigi. “Conte ci ha detto – ha affermato il leader della Cgil – che pur avendo messo sul piatto lo scudo penale, Mittal gli ha risposto che non era sufficiente, anzi ha chiesto pure di derogare sulla legislazione sulla sicurezza del lavoro”. In caso di rinegoziazione dell’accordo, avverte Landini: “non pensino di farlo senza di noi. Il piano industriale è stato discusso in un tavolo, e votato dagli operai dello stabilimento”. “Per questo – continua – il primo problema di credibilità che hanno le istituzioni è far rispettare quell’accordo”. Landini, da ex segretario generale della Fiom, il sindacato delle tute blu, conosce bene i titolari della proprietà. “Loro sanno meglio di me che uno stabilimento a ciclo integrale come quello di Taranto, se produce 4 milioni di tonnellate equivale a chiuderlo. L’accordo – prosegue – prevedeva prima 6 poi 8 milioni. Anche risanandolo hanno bisogno di quei livelli di produzione”. Il punto è che “Mittal ha partecipato a un bando con delle clausole, ha vinto una gara pubblica. Se dopo pochi mesi vuole ridiscutere un piano industriale che ha un orizzonte al 2023, questa è una presa in giro”.
Un intervento pubblico? Il segretario generale Cgil: favorevoli fin da subito
Da qui a prendere di petto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, il passo è breve. Sollecitato dal giornalista, Molinari, che lo intervista Landini afferma che “è singolare che il presidente di Confindustria invece di chiedere di rispettare gli accordi dice che si possono ridiscutere”. Landini, per quanto riguarda un intervento pubblico in Ilva, ha detto: “Noi siamo stati favorevoli fin da subito. Se ne parlò anche quando Mittal stava chiudendo l’accordo, tramite Cassa depositi e prestiti, poi non se ne fece più niente. Oltre all’utilità nel caso specifico, sarebbe anche un segnale importante di un paese che vuole investire nel suo comparto industriale”.
La politica passa solo per i media. Scoop e notizie durano solo un giorno
“Metamorfosi”, il convegno di Huffington, con Landini e poi con il ministro Gualtieri che parla sia della manovra di Bilancio che dell’ex Ilva, è diventato per un giorno il clou della politica che ormai passa solo per i media. Scrivono, offrono al lettore notizie, scoop, in gergo giornalistico che durano lo spazio di un mattino. Un tourbillon di notizie, di smentite, di scoop, che trovano spazio poi nei talk show notturni che riempiono i teleschermi. Il ministro dell’Economia si dice fiducioso per l’esito del negoziato fra governo e ArcelorMittal sullo stabilimento pugliese, ma fissa alcuni paletti. “Non c’è bonifica ambientale se non c’è piano industriale. Ed è un’illusione che ci sia un magico risanamento se si chiude Ilva, non è così, non avverrebbe così, le due cose sono legate” sottolinea il ministro. “Pericolosa illusione” anche per quanto riguarda l’ipotesi di nazionalizzazione dell’ex Ilva: “Non è uno strumento che va escluso dalla cassetta degli attrezzi, ma chi pensa che lo Stato compri e assorba i costi che impediscono a un soggetto di essere competitivo sul mercato globale alimenta una pericolosa illusione. Eviterei quindi una discussione tra bianco e nero, o si fa la nazionalizzazione di tutte le imprese in crisi, risolvendo magicamente i problemi, oppure lo Stato alza le mani e dice: se ne occupi il mercato. Non è vera né l’una né l’altra cosa, abbiamo ben presente che ci sono strumenti e li utilizzeremo”. Allora la domanda: che deve fare il governo? La risposta: “il governo deve mettere le sue forze per tenere insieme sviluppo industriale e sostenibilità ambientale” nel dialogo con Mittal.
Non si possono scaricare sul lavoro le difficoltà di questa fase produttiva
“La soluzione deve vedere il rilancio di Ilva attraverso lo sviluppo del piano industriale adattato al difficile momento congiunturale ma non snaturato. Il governo metterà in campo tutti gli strumenti necessari”. Tuttavia, e Landini tirerà un sospiro di sollievo, dice il ministro, in risposta indiretta anche al presidente di Confindustria, “non si può accettare di scaricare sul lavoro le difficoltà di questa fase produttiva, né di derubricare, ridimensionare la portata di un piano che non può andare sotto determinate soglie altrimenti viene meno la sostanza di avere un grande polo produttivo e competitivo della siderurgia a Taranto. Crediamo che ci sia un futuro per Ilva e concorreremo come governo a una difficile, ma niente affatto disperata discussione” con Mittal. L’Italia deve “assolutamente rimanere un grande paese manifatturiero, perché proprio nell’integrazione fra manifattura, tecnologia e servizi c’è l’opportunità di sviluppo per l’Italia. Se il Paese ha bisogno di restare un paese manifatturiero ha bisogno dell’industria di base e quindi ha bisogno della siderurgia. Pensiamo che avere un grande produttore moderno, ambientalmente sostenibile, di acciaio a ciclo integrale sia nell’interesse strategico per l’Italia e per l’Europa. Il governo è impegnato per questo, è necessario che si richiami Mittal al rispetto degli impegni presi, e nel frattempo lo Stato italiano deve essere in grado di dare tutte le necessarie garanzie giuridiche, amministrative e di concorso della politica industriale a sostegno della capacità di affrontare un momento congiunturale difficile. Ma non si può accettare che si vada a 4 milioni di tonnellate, perché si arriva a una soglia di non sostenibilità”. Al Di Maio fischieranno le orecchie. Ci vorrebbe qualcuno che gliele tirasse ben bene.