Provate a voi a mobilitare il classico milanese imbruttito dalle 18 alle 23 di una giornata fastidiosamente fredda e piovosa. E infatti di milanesi imbruttiti – la versione cinica e superficiale del bauscia sempre indaffarato, inventata da Germano Lanzoni – lunedì sera se ne sono visti pochi alle due manifestazioni “civiche”, quella per Liliana Segre e, poco dopo, a quella per Piero Scaramucci.
C’erano migliaia di ombrelli – sì, perché pioveva davvero tanto – davanti al Memoriale della Shoah; non ci stavano più nella Sala Alessi, al punto che hanno dovuto approntare una visione con maxischermi nella sala accanto, per ricordare Piero Scaramucci. Due persone diverse come età, biografia, forse anche preferenze politiche, ma accomunate per una sera non solo da una coincidenza temporale: rappresentano un baluardo di democrazia.
L’iniziativa per Liliana Segre è stata organizzata a tambur battente dopo che si è saputo che per le minacce ricevute era stata obbligata a girare scortata. L’input è partito da Bellaciao, l’associazione legata al Pd milanese, rafforzato subito dall’Anpi e dall’associazione dei deportati nei lager. Sono stati i social a garantire che girasse la voce. E così migliaia di persone hanno ascoltato sotto la pioggia, davanti al Binario 21 – che è il binario seminascosto della Stazione Centrale da cui partivano i viaggi verso i campi di sterminio – semplici parole di ricordo, commemorazione, strazio. Questo dato è sconvolgente: che ci sia qualcuno che possa gioire sullo sterminio di ebrei, rom, omosessuali, Testimoni di Geova, avversari politici, bambini; che possa augurare che si ripeta l’Olocausto; che provi a negare il diritto alla parola a chi ne è sopravvissuto.
Il ricordo di Piero Scaramucci, giornalista Rai, fondatore di Radio Popolare, innovatore del linguaggio era invece a Palazzo Marino, la sede del Comune di Milano, come voluto dal suo Presidente, Lamberto Bertolè: “glielo dobbiamo per tutto quello che ha fatto”, ha detto aprendo la serata. Sotto una bella gigantografia di Piero – scattata a Genova durante il G8 del 2001 – si sono alternati gli omaggi di Radio Popolare, dell’Anpi, della FNSI, alternati dalle letture commosse di Lella Costa, che ha dato voce alla vedova di Pino Pinelli, intervistata proprio da Scaramucci, nel libro cult “Una storia quasi soltanto mia”. Massimo Bacchetta, Carlo Smuraglia, Marino Livolsi, Beppe Giulietti e Antonio Di Bella hanno delineato – a volte con commozione, a volte con la leggerezza che avrebbe divertito Piero – la sua importanza sul piano democratico: perché chi è riuscito a creare modelli giornalistici innovativi, antiretorici, liberi da condizionamenti ha davvero garantito l’articolo 21 della Costituzione, restituendo il diritto di parola a chi ne era stato privato.