Botta e risposta a distanza tra il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia e i Comitati di redazione delle testate regionali Rai di Veneto e Puglia sulla copertura dell’emergenza maltempo a Venezia e nel Salento. «Le tv locali in Veneto hanno fatto quello che normalmente dovrebbe fare il servizio pubblico», è stata la dura critica rivolta dal ministro al servizio pubblico. «Hanno raccontato l’alluvione e le sofferenze di Venezia – ha aggiunto – facendo un servizio pubblico che avrebbe dovuto fare la Rai. Così come hanno fatto il giorno dopo i giornali locali, ed è accaduto anche qui in Puglia a partire delle alluvioni in Salento. Invece loro lì a Roma a litigare su produzioni milionarie di programmi spesso inutili o su appalti la cui genesi lascia basiti. Poi vogliono anche essere chiamati manager o direttori di rete. Per quanto mi riguarda si apre una stagione che impone al tempo del digitale una discussione laica e profonda sulle finalità del canone. È servizio pubblico quello che serve agli italiani non quello che serve a chi fa business con la Rai».
Boccia ha quindi rivolto un «appello ai manager della Rai, forse è bene pensare più alla presenza sul territorio e meno alle vicende come quelle che stanno caratterizzando in maniera poco dignitosa il dibattito in questi giorni sulle gare, sulle risorse e sulle modalità con cui vengono spese. Perché – ha concluso – non devono mai dimenticarlo, spendono o investono soldi nostri per assicurare il servizio pubblico».
Un attacco che per i Cdr delle testate regionali di Veneto e Puglia è stato «scomposto e fuori luogo». «Le sedi regionali della Rai ed il canone – è stata la replica dei giornalisti – finiscono ancora una volta nel mirino della politica. Sorprende che il ministro degli Affari regionali Boccia abbia attaccato in modo scomposto e fuori luogo il servizio pubblico, con accuse infondate ed inaccettabili a proposito di come la Rai ha raccontato l’eccezionale acqua alta di Venezia e i danni del maltempo nel Salento».
«Senza nulla togliere al ruolo dell’informazione locale privata che, in Veneto come in Puglia, svolge il proprio compito con impegno – è scritto nella nota delle rappresentanze sindacali – respingiamo al mittente tutte le diffamanti affermazioni nei confronti della Rai. È evidente che si tratta di una polemica strumentale, compiuta da chi non sa o preferisce non sapere la quantità e qualità del lavoro svolto in quei giorni dai giornalisti della Tgr e dell’intera Rai. Sia in Veneto sia in Puglia i colleghi della Tgr, fin dalle prime ore, hanno raccontato in maniera tempestiva il disastro che si stava consumando in tutti gli spazi di palinsesto che sono concessi all’informazione dal territorio: nei tg, nei giornali radio regionali, ma anche con ore di dirette per Rainews e le altre testate nazionali. Inoltre vi sono state dirette dedicate sui social network e con informazioni e servizi puntuali sui rispettivi siti web».
«Se il ministro intende contestare l’attuale management Rai – è la conclusione dei Cdr – non lo faccia calpestando e infangando il lavoro della Tgr e delle testate nazionali e soprattutto non dimentichi che i vertici a cui rivolge le sue critiche, sono gli stessi le cui nomine vengono troppo spesso decise dalla politica della quale egli fa parte. Quanto poi alle risorse da destinare ai media locali, il ministro fa finta di non sapere che il fondo per il pluralismo dell’informazione è già finanziato dall’extra gettito del canone di abbonamento alla televisione. E lo ricordiamo ancora una volta: dei 90 euro di canone, il più basso d’Europa, solo 74 vengono girati alla Rai, lo Stato trattiene ben 340 milioni di euro. Il servizio pubblico della Rai è patrimonio di tutto il Paese, caposaldo di democrazia e buona informazione, a barriera e stimolo di un mercato privato dell’informazione affidato troppo spesso ad un precariato immorale».
Intervenendo poi a ‘Studio24’ su Rainews, il ministro ci ha infine tenuto a precisare che «il lavoro dei giornalisti Rai ha sempre avuto il mio massimo rispetto: le mie critiche non sono mai state rivolte a loro e al loro impagabile lavoro, ma alle strategie aziendali e per questo motivo rivendico il diritto di mettere in evidenza le contraddizioni delle strategie aziendali rispetto alle finalità del canone e del servizio pubblico».
Evidenziando che «ci sono decine di migliaia di giornalisti precari in Italia e centinaia di aziende editoriali anche della carta stampata che raccontano le storie delle nostre terre fatte da oltre ottomila campanili e venti regioni e meritano la nostra massima attenzione», Boccia ha concluso: «Proteggerò sempre la funzione straordinaria di tutti i giornalisti e degli aspiranti, non solo quelli Rai; peraltro, voglio ribadirlo, mai criticati da me. Ma la politica ha il dovere di occuparsi delle speranze di decine e decine di migliaia di giovani che aspirano a fare uno dei mestieri più nobili del mondo garantendo al nostro Paese, al tempo della società digitale, il massimo del pluralismo sui territori».