Da un errore nasce la nostra storia, dagli errori che commettiamo ogni giorno, quando parliamo, ci sforziamo di capire o vogliamo esprimere cosa pensiamo. Questa è vita vera. La storia di uno, qui, è la storia di tutti. In un quartiere di periferia l’analfabetismo funzionale è una condizione. Siamo cresciuti come cani sciolti, e gli errori della nostra infanzia erano fatti per avere qualcosa dalla vita che alla fine non abbiamo avuto. Ci siamo sentiti sempre esclusi dalla società e abbiamo trovato sempre barriere, sappiamo leggere e scrivere ma non abbiamo la possibilità di andare oltre. Il primo comma dell’articolo 3 afferma il principio di uguaglianza formale, che garantisce pari dignità a tutti i cittadini: l’analfabeta funzionale però è privo della libertà e non potrà mai “concorrere” al bene comune. Anche se ha delle idee non possiede gli attrezzi e gli strumenti per realizzarle. Il piccolo non può mai crescere e questa è una diseguaglianza sostanziale. Un analfabeta funzionale non ha capacità critica, non sa pensare con la propria testa, risolvere situazioni complesse, elaborare e utilizzare le informazioni. È destinato a accodarsi agli altri senza mai esprimere il proprio parere, mentre tutti dovremmo avere la libertà di opinione, di poter commentare la realtà intorno a noi. La nostra non-conoscenza ci porta a credere agli altri ma non a comprendere fino in fondo e a distinguere il bene dal male. L’articolo 3 sancisce un diritto: non ci condannate alla banalità, vogliamo comprendere la complessità del mondo. Molti di noi, se fossimo nati a Milano, saremmo potuti diventare dottori o avvocati ma siamo nati al Sud, nell’ignoranza, e siamo partiti in ritardo. Con la buona volontà ci accultureremo. Non possiamo più gareggiare, ma ci potremo sentire migliori.
Classi: 2°B e Sezione Alta Sicurezza, Alunni: 15
VIDEO: https://drive.google.com/file/d/1LJkfjGUc0u2haDRbN7_GS0z3UcGznPPA/view?usp=sharing