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Informazione contigua alla camorra, archiviazione per Saviano e Mauro. E il caso Palmesano è diventato una prova

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Il rapporto perverso con la camorra questa volta tocca noi, la stampa, un giornale, sì uno solo ma obbliga l’intera categoria a riflettere. Tutto parte da un’ordinanza netta, sonora chiarissima: quella con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola ha archiviato il procedimento per diffamazione a mezzo stampa a carico dello scrittore Roberto Saviano e difetto di controllo per l’ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro, entrambi querelati dalla Libra Editrice, che editava l’ex Corriere di Caserta. Saviano aveva scritto dell’esistenza di contiguità di alcuni giornali con ambienti camorristici  e per il gip l’articolo contiene una “intrinseca obiettività”. Anche la pubblica accusa aveva concluso per l’archiviazione e se questa è un’ottima notizia per Saviano e Mauro, costringe noi tutti, per altro verso, a guardare con particolare attenzione cosa succede, anche alla stampa in territori così contaminati dalla criminalità organizzata.

L’articolo oggetto di querela era uscito su La Repubblica a settembre 2015 e analizzava il rapporto che alcune testate avevano con i clan. In particolare venivano descritte come “contigue alle organizzazioni criminali , fungono da loro uffici stampa, sono organo di propaganda dei messaggi tra clan”. Cosa ha convinto il giudice a ritenere fondate quelle affermazioni? Due fatti. Il primo è il rapporto della Commissione Antimafia del 2015, in cui si faceva espresso riferimento al divieto di diffondere alcuni quotidiani nelle carceri e tra questi l’ex Corriere di Caserta perché potevano essere veicoli di messaggi dall’esterno. Il secondo è una storia di cui si è occupata più volte l’associazione Articolo 21, quella del giornalista Vincenzo Palmesano, licenziato dal giornale perché autore di articoli sgraditi al boss locale Vincenzo Lubrano, il quale pretese ed ottenne dal direttore dell’epoca di quel giornale che non fossero più pubblicati i pezzi di Palmesano. Quest’ultimo è stato poi protagonista di una lunga battaglia legale  per dimostrare che fu licenziato per volere della camorra, tesi supportata da prove e confermata sia in primo che in secondo grado. Palmesano, che è stato anche premiato da Articolo 21 per il coraggio che ha messo in campo sia come professionista che come cittadino di quella terra ispida che è la provincia di Caserta, aveva capito, da buon cronista, che era stato emarginato perché inviso al boss (in seguito deceduto). La sua vicenda, quasi incredibile per chi non conosce la potenza della camorra, è diventata adesso una prova a favore di altri giornalisti e utile ad archiviare l’ennesima azione pretestuosa contro articoli non infondati , ma semplicemente scomodi, come era, appunto quello di Roberto Saviano. Il quale nel suo pezzo aveva riportato passaggi della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sul caso Palmesano e che  il gip di Roma riprende nella sua ordinanza. Lì dentro c’è la sequenza di ciò che accadde al giornalista: Francesco Cascella, uomo di Lubrano, fu condannato per violenza privata per aver costretto, in concorso con Lubrano medesimo, il direttore dell’epoca del giornale, Gianluigi Guarino, ad omettere di pubblicare gli articoli di Vincenzo Palmesano, il quale fu dapprima emarginato e poi del tutto cacciato.

Dunque è successo: un clan potente ha potuto condizionare l’informazione. E potrebbe succedere ancora, a dispetto dei tanti cronisti  di provincia, spesso precari, che raccontano con coraggio, determinazione e massima precisione lo strapotere dei clan in territori difficili. Esistono anticorpi? Il primo è la professionalità ma in questo momento non si può eludere il rischio che l’informazione sui territori possa sparire, inghiottita dalla ferocia e dal potere economico della criminalità organizzata, che potrà avere gioco più facile se l’editoria e l’informazione non avranno un supporto adeguato.

“Questa storia, questa archiviazione, quelle motivazioni del gip riportano a galla il timore che vaste zone del Paese restino oscurate, senza giornali e giornalisti scomodi. – ha commentato il Presidente della Federazione della stampa Giuseppe Giulietti – Per tale ragione crediamo che sia ormai ineludibile una riforma della legge contro le querele temerarie insieme ad un serio riassetto dei fondi per l’editoria. Da tanto, troppo, tempo che chiediamo uno stop ai tagli e bavagli”

 

https://www.articolo21.org/2018/04/cosi-il-boss-dei-casalesi-ottenne-lepurazione-di-un-giornalista-scomodo-la-sentenza-dappello-sul-caso-palmesano-racconta-come-sia-difficile-raccontare-territori-impervi/

 


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