Sul caso Riace abbiamo sempre evitato qualsiasi dietrologia. Tuttavia, ora, alla luce degli esiti processuali che poco per volta, sia pur in primo grado, iniziano a scagionare l’ex sindaco Domenico Lucano e della decisione di ieri del Tribunale di Locri che ha dichiarato ineleggibile il sindaco leghista Domenico Trifoli, eletto lo scorso maggio, qualche domanda bisogna pur farsela. Chi ha voluto la distruzione del “modello Riace” e perché? La sentenza di ieri è clamorosa. Già lo scorso settembre il Ministero dell’Interno aveva fatto sapere in una nota inviata al Prefetto di Reggio Calabria che il nuovo sindaco non poteva candidarsi, il Tribunale di Locri nel dispositivo emesso ieri pomeriggio, lo ha dichiarato decaduto.
Trifoli era ineleggibile perché dipendente comunale. Svolgeva mansioni d’ispettore alla sicurezza a tempo determinato, quindi per motivi elettorali non avrebbe potuto chiedere ed ottenere l’aspettativa non retribuita. Tutto questo in base anche al testo unico per gli enti locali. Il ricorso era stato presentato da un gruppo di cittadini e da Maria Spanò, la candidata a sindaco sostenuta da Mimmo Lucano, cui si era opposto il sindaco Trifoli sostenendo che all’epoca faceva parte della schiera dei lavoratori socialmente utili prestati al comune di Riace. Ricorso respinto. C’è da registrare, inoltre, nei pochi mesi di vita della nuova maggioranza, anche le dimissioni di un consigliere arrivate qualche settimana fa, segretario della sezione locale di “Noi con Salvini”, giudicato ineleggibile dalla prefettura a causa di una condanna per bancarotta nel 2003.
Ora si attende cosa farà la stessa prefettura reggina, se aspetterà l’esito del ricorso in appello da parte dei legali di Trifoli, oppure procederà con il commissariamento del Comune, forte del parere inviato dal Viminale sulla ineleggibilità del sindaco. Restano comunque molti dubbi ed interrogativi su questa vicenda e quella che ha come protagonista da due anni Domenico Lucano. E’ sempre più palese il fatto che diverse mani hanno voluto la distruzione di un modello di accoglienza che, pur tra mille difficoltà, funzionava. Un “sistema” da perfezionare, certo, ma questo anche Lucano lo ha sempre ammesso, che però poteva fare da apripista ad altri Sprar e dimostrare che un processo d’integrazione è possibile costruirlo. Evidentemente dava fastidio ad una certa narrazione politica che ha fatto della paura un vero e proprio programma per generare insicurezze e chiusure. Il “Modello Riace” è stato un ponte che ha fatto conoscere nuove vie per nuovi incontri. Un ponte da ricostruire.