Credo che verificare le informazioni raccolte sia un obbligo per tutti, anche quando si esprimono opinioni come fa il collega Orlando parlando delle vicende di Mediaset.
Come membro della Giunta Esecutiva della FNSI ho affiancato il Comitato di redazione di Newsmediaset nel confronto avviato il 25 luglio scorso dalla comunicazione aziendale sul progetto dei trasferimenti. Posso dire che le cose non si sono svolte come riportato da Orlando.
In primo luogo quando il segretario di Stampa Romana e io siamo stati nella stessa stanza abbiamo parlato la stessa lingua.
In secondo luogo non ho assistito a minacce, intimidazioni e uso di urla e parolacce.
In terzo luogo l’azienda era disponibile a una trattativa, e se c’è stata indisponibilità questa è venuta da chi, a Roma, ha sostenuto fallacemente che i trasferimenti fossero illegittimi e che le lettere non sarebbero mai partite.
Non sono mai stato invitato al centro Palatino dai fiduciari della redazione romana, quindi non so cosa sia stato detto nelle assemblee e non mi permetto di esprimere alcuna opinione o giudizio in merito.
Posso però dire che a quanto pare è passato un messaggio fuorviante, e che probabilmente questo ha portato alla chiusura da parte dei colleghi e alla impossibilità di entrare nel vivo di un negoziato.
Senza mandato non si fanno trattative, e il mandato non c’era.
Se non ci saranno novità, auspicabili novità, la presenza di Newsmediaset nella capitale scenderà da una quarantina di giornalisti a una ventina, prevalentemente nella redazione politica e con un presidio di cronaca fortemente ridotto.
Non ho certezze sui retroscena, so però che sia pure con il mal di pancia di molti quando dall’assemblea romana i fiduciari hanno riferito che non c’era la disponibilità a negoziare il CdR, Stampa Romana e FNSI si sono allineati alla decisione.
Non nascondo che quella decisione mi è parsa sbagliata, e per trasparenza chiudo riportando una mia lettera aperta alla redazione del 17 di settembre. (Ho espunto i riferimenti alle singole persone )
Care colleghe, cari colleghi,
faccio molta fatica a comprendere tutte le sfumature delle polemiche di questi mesi e trovo amareggiante che all’interno del mio CdR ci sia un susseguirsi di contrapposizioni e contestazioni. Alcuni colleghi del CdR mi hanno chiesto di intervenire per chiarire i termini della vicenda, lo faccio ma se permettete a modo mio e dal mio punto di vista. Non sarò breve.
L’assemblea di NewsMediaset del 26 luglio ha detto due cose:
1) respingiamo l’idea dei 29 trasferimenti
2) chiediamo che FNSI e AARRSS affianchino il CdR nell’eventuale trattativa.
L’azienda ha risposto dicendosi disponibile a trattare.
Per trattare bisogna essere in due.
Mi sono fatto un’idea della posizione aziendale.
Non ho ancora invece ricevuto una risposta sulla posizione dei colleghi coinvolti dai fiduciari romani, da altri membri del CdR o dai singoli.
So che in una situazione come questa ci possono essere mille fattori da tenere presenti, ma so anche in quale quadro legislativo e contrattuale ci troviamo.
L’azienda vuole trasferire dei colleghi da Roma a Cologno.
L’azienda lo può fare, deve dare una comunicazione al CdR come previsto dall’articolo 34 del contratto perché si tratta di una riorganizzazione significativa, il CdR esprime un parere non vincolante. Questa fase si è già di fatto svolta e il parere è stato negativo.
Ora secondo le previsioni dell’articolo 22 del contratto l’azienda per trasferire i colleghi deve comunicarlo ai singoli con un mese di preavviso, a chi viene trasferito dovrà pagare le spese di trasloco e un mese e mezzo di stipendio e dovrà concedere 4 giorni di permesso.
Chi non accetta il trasferimento può fare due cose:
a- dimettersi “per fatto dell’editore”, avendo cioè diritto all’indennità sostitutiva del mancato preavviso, pari a 8 mensilità comprensive di contributi previdenziali, 9 per chi ha più di 20 anni di anzianità aziendale, oltre alle spettanze di fine rapporto
b- presentarsi al lavoro a Cologno Monzese impugnando il trasferimento e avviando poi un’azione legale per farlo annullare da un giudice.
Il fatto che l’Azienda abbia accettato invece di avviare una trattativa significa che:
1) i tempi dei trasferimenti sono più lunghi, prima si deve raggiungere un accordo, e se si raggiunge un accordo questo può prevedere che i tempi siano diversi, sia complessivamente sia in casi individuali.
2) il numero dei trasferimenti può scendere, ricorrendo alle varie soluzioni alternative che abbiamo discusso nell’incontro del 9 settembre compresa l’analisi delle situazioni individuali.
3) i trattamenti previsti dall’articolo 22 del contratto possono essere migliorati, andando incontro anche a esigenze individuali.
E’ chiaro che le situazioni individuali vanno censite, come ho spiegato ai primi di agosto.
A quanto ho capito si è parlato molto di azioni legali e di precedenti giuridici, si sono organizzati incontri con Comune e Regione, si prevedono nuove assemblee.
Io ho capito che o comunichiamo all’azienda che siamo pronti a sederci a un tavolo per una trattativa serrata o tra qualche giorno, diciamo tra questa settimana e la prossima, l’azienda ritirerà la sua disponibilità a negoziare e partiranno le lettere.
Quindi servirebbe che ci fosse un mandato a trattare, che chi deve trattare sapesse quali sono i punti di caduta e le condizioni imprescindibili dei colleghi in modo tale da poter capire se c’è un accordo praticabile o se, a un certo punto, deve dichiarare il mancato accordo.
Se invece non c’è il mandato a trattare meglio saperlo.
Se una trattativa non porta al risultato sperato si può pensare a una richiesta di intervento di enti terzi, in genere amministrazioni dello stato, e se anche li non si cava un ragno dal buco ci si rivolge alla magistratura.
Quindi se si decide di negoziare andrebbe prima di tutto chiarito quali sono i termini della trattativa, ma io non so ancora neanche quanti dei 29 abbiano famiglia, figli, mutui, problemi di salute, voglia di mollare tutto, voglia di cambiare lavoro. E sono le cose che avrei dovuto sapere ai primi di Agosto.
Quanto ai temi discussi nelle mail di questi giorni e non solo, che vertono prevalentemente sul fatto che siano state pronunciate o meno certe parole, sono temi che non mi appassionano. Una singola parola, avulsa dal contesto, non significa nulla.
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Sono schermaglie dialettiche irrilevanti, chi partecipa alle riunioni sindacali prendendo ossessivamente appunti per poi interrogarsi sulle virgole perde facilmente il quadro complessivo della situazione.
Vorrei che tutti quanti cercassero di fare una riflessione, tirassero il fiato e smettessero di insultarsi e accusarsi. Abbiamo cose più serie da fare.