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Sono a favore dell’ergastolo ostativo per i delitti di mafia

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Gli unici deterrenti reali per i mafiosi sono il 41bis, la confisca dei beni e l’ergastolo, inteso come effettiva reclusione senza alcuna possibilità di accedere ai benefici penitenziari. Possono apparire misure non pienamente conformi ai dettami costituzionali ma rappresentano la migliore normativa contro la mafia, scritta peraltro con il sangue delle innumerevoli vittime della criminalità organizzata. Siamo di fronte a strumenti efficaci senza i quali probabilmente non avremmo mai potuto scalfire il potere dei boss di primo piano. Se si toccasse uno solo di questi strumenti, ritengo che il sistema antimafia italiano potrebbe collassare. Mi riferisco, in particolare, all’ergastolo ostativo, sempre odiato dai mafiosi che lo temono moltissimo. Chi non ha vissuto il periodo delle stragi di mafia non può comprendere cosa significhi vedere numerosi boss mafiosi che si sono macchiati di crimini efferati uscire a breve dal carcere. Potremmo assistere al ritorno in libertà di alcuni boss irriducibili. Una scelta molto rischiosa che potrebbe riesumare il sistema mafioso tradizionale, che è stato sconfitto proprio grazie agli strumenti antimafia in vigore. I boss storici, ma anche i nuovi, non vogliono né il 41bis, tantomeno l’ergastolo ostativo e lo dimostra che abbiano tentato più volte in passato di mettere mano proprio sul regime carcerario del 41bis e sul superamento dell’ergastolo per i boss. Chi conosce le mafie, sia per esperienza vissuta sul campo che per studio, sa che sfruttano l’ingenuità dei cittadini che non conoscono l’enorme capacità delle organizzazioni mafiose di rigenerarsi in pochissimo tempo con la sola presenza dei loro boss storici. Se tornassero a comandare i vecchi capimafia oggi ergastolani lo Stato ne uscirebbe inesorabilmente sconfitto e si darebbe loro lo strumento per riaffermare il loro potere perduto. Sarebbe un segnale di nuova sconfitta delle istituzioni. Come insegnava Giovanni Falcone, il mafioso che ha giurato fedeltà all’organizzazione criminale di appartenenza, una volta uscito dal carcere, non potrà non tornare a servirla fino alla morte. Non dobbiamo mai dimenticarci che i mafiosi di cui parliamo sono stragisti o persone che ne hanno seguito le strategie senza batter ciglio. Personalmente credo che la necessità di evitare rapporti tra gli esponenti carcerati e quelli a piede libero sia irrinunciabile. Ricordiamoci bene che riscontri oggettivi e probatori nei vari processi per mafia comprovano chiaramente che la detenzione dell’imputato di delitti di mafia non interrompe né sospende il vincolo associativo né sostanzialmente impedisce al detenuto di concorrere alla consumazione di gravi reati all’esterno degli stabilimenti carcerari con istigazioni, sollecitazioni, ordini e altre similari attività. Falcone e Borsellino ci hanno insegnato che all’interno degli istituti di reclusione le gerarchie mafiose si ricostituiscono automaticamente senza soluzione di continuità con gli organigrammi e le organizzazioni esterne, cagionando sovente il sovrapporsi di occulte autorità intramurarie al personale di custodia statale, espropriato in gran parte dei suoi poteri. Dare la certezza di libertà ai mafiosi senza alcun tipo di collaborazione con la giustizia è un regalo inspiegabile e un’offesa al sacrificio di tantissime vittime di mafie e dei loro familiari.  Se queste sono le premesse, non meravigliamoci se i boss torneranno a brindare così come fecero quando hanno fatto saltare in aria Falcone, sua moglie e gli uomini della sua scorta!

(Vincenzo Musacchio, Giurista e Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise)


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