In queste ore orrendamente drammatiche per il popolo curdo c’è una domanda ineludibile che riguarda ciascuno di noi individualmente e noi tutti collettivamente: perché questi otto anni di conflitto siriano sembrano trascorsi inutilmente, con il loro carico di morti e devastazioni? Perché la solidarietà che riusciamo ad esprimere, giustamente, ai curdi, non siamo mai riusciti, per otto lunghissimi anni, a esprimerla ai siriani di Hama, di Homs, della Ghouta, di Deir ez-Zoor, di Raqqa, di Deraa, di Aleppo? Come abbiamo potuto lasciare che le popolazioni arabe insorte contro Assad venissero schiacciate nel più assoluto silenzio? Chi poteva illudersi che un silenzio del genere non avrebbe poi prodotto anche la devastazione del sogno curdo? Sia chiaro, questi due sogni non erano sogni separabili l’uno dall’altro, andavano preservati nel comune alveo siriano, superando la follia della concessione dall’alto di un’unità nazionale fittizia, contribuendo a costruire uno stato di cittadini.
Non è andata così, si sono coperti gli orrori etnicisti di Assad creando le condizioni perché poi il mondo tacesse davanti a quelli, analoghi, di Erdogan. Tornando indietro nel tempo scopriamo le origini di questa follia e delle complicità. La logica della Turchia per i turchi ha devastato l’Anatolia degli armeni, poi quella degli assiri, poi quella dei curdi. Questa logica costruita sull’assurdo nazionalista non poteva che condurre ad esito analogo in Siria, dove la cricca di generali asserragliati intorno ad Assad ha deciso di eliminare la popolazione araba sunnita. Sei milioni di profughi hanno preso la via della Turchia e l’Europa ha applaudito, pagando il generoso Erdogan per ospitarli in silenzio. Intanto Assad con il sostegno russo distruggeva città, luoghi di culto, ospedali, definiva i soccorritori “terroristi”. Ottenuto quel che doveva ottenere Erdogan fa lo stesso con i curdi, distrugge scuole, ospedali, definisce i soccorritori “terroristi”. Nel silenzio complice di chi sa che tutto finirà come in Cecenia, un altro conflitto congelato, che farà il gioco russo.
La solidarietà è un bene prezioso, per chi lo riceve e per chi la dà. Nessun popolo è immune da errori, né gli arabi né i curdi. Oggi però non possiamo non chiederci come i loro massacri abbiano potuto accadere per otto anni nel silenzio complice dell’Europa e dei suoi governanti, che poi sono i nostri.