“Quando la verità non è libera, la verità non è vera”: il giornalismo si confronta a Ronchi dei Legionari

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Solo chi era presente può testimoniare quanto sia stata importante la lunga giornata che l’Associazione “Leali delle Notizie” di Ronchi dei Legionari, è riuscita a trasformare in un modello di partecipazione corale e sentita dalla popolazione  di un Comune che conta solo dodicimila abitanti quanto partecipi a dimostrazione di come sia indispensabile coinvolgere sempre il territorio in cui si opera. La “Giornata della libertà di stampa e di espressione” si è rivelata un momento di confronto tra operatori della comunicazione nazionale e internazionale, testimoni di fatti accaduti in Italia e nei paesi esteri .

Un sabato di fine ottobre con un clima da estate incapace di lasciare il posto all’autunno, Ronchi dei Legionari ha saputo portare all’attenzione di tutti i media nazionali l’impegno a difesa dell’Articolo 21 della Costituzione; e lo ha fatto chiamando sul palco dell’Auditorium firme del giornalismo provenienti da tutta Italia e da Malta tra cui Matthew Caruana Galizia, il figlio di Daphne Caruana Galizia, a cui è stata conferita la cittadinanza onoraria da parte del Comune di Ronchi (cittadina in provincia di Gorizia), segnalata sulle carte geografiche per ospitare l’aeroporto che opera come scalo vicino al capoluogo di regione, Trieste (da qui pochi giorni fa sono partite su un C-130 dell’Aeronautica militare, le salme di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, i due agenti della Volante 2 della Polizia di Stato di Trieste, per i rispettivi paesi dove sono stati tumulati), mentre a pochi chilometri c’è il Sacrario militare di Redipuglia, il monumentale cimitero italiano della prima guerra mondiale dove riposano le spoglie di oltre centomila soldati italiani caduti in guerra.

Vittime cadute sul fronte ma qui a Ronchi il 26 ottobre si sono volute ricordare altre vittime, in questo caso civili, come lo sono stati i giornalisti assassinati e gli inviati di guerra dove il loro compito era quello di scrivere o filmare la crudeltà dei combattimenti e le perdite di tante vittime innocenti. “Quando la verità non è libera, la verità non è vera (L. Prevert). La forza dell’Articolo 21 della Costituzione italiana”, questo il titolo del convegno organizzato con grande cura e professionalità dal direttivo dell’associazione “Le ali delle notizie” presieduto da Luca Perrino. La moderatrice del dibattito (inserito nei crediti formativi deontologici dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia), Emanuela Bonchino giornalista, cronista e conduttrice di Rai News 24 ha coordinato gli interventi dei relatori chiamandoli a confrontarsi  sull’importanza di non cedere ad un’informazione falsata e distorta, nel rispetto di un codice deontologico fin troppo disatteso. Testimonianze di come sia fondamentale garantire il diritto di informare e di essere informati. Matthew Caruana Galizia ha portato la sua testimonianza dolorosa per aver assistito alla morte della madre Daphne e a come si stia impedendo a Malta di accertare la verità di quanto accaduto. «Purtroppo nel mio paese la politica condiziona i giornalisti nell’evitare ogni forma di inchiesta alla ricerca dei crimini.

Lo fanno screditandoli e definendoli sempre come degli “esagerati”. Mia madre veniva chiamata “strega” e diffamata ogni volta che pubblicava le sue inchieste, pur sapendo che lei aveva ragione in quello che scriveva». Il collega maltese Emanuel Delia (autore del libro inchiesta “Murder on the Malta Express. Who killed Daphne Caruana Galizia?, scritto insieme a Carlo Bonini e John Sweeney per midsea books) ha confermato lui stesso quanto accade a Malta: «è una realtà dove viene contrastata la ricerca della verità e ogni giorno cancellano il memoriale di Daphne, portando via i fiori e i lumini che la popolazione depone per onorare la sua memoria». Matthew ha poi proseguito spiegando lo stato d’animo che prova: «la nostra famiglia non comprende come lo Stato non abbia cercato di fare luce sulla morte di mia madre  ma noi cerchiamo di diffondere il suo messaggio e posso dire che i suoi assassini hanno fallito nel loro intento. La cittadinanza onoraria che ricevo qui a Ronchi mi da tanta forza e coraggio per andare avanti».

Emanuel Delia nel sostenere il suo impegno alla ricerca della verità sul delitto di Daphne ha spiegato come «il suo lavoro ha acquistato ancora più forza da quando è stata uccisa e si diffonde all’estero e trova molta solidarietà come sta accadendo anche in Italia. Nessuno dei mandanti del suo omicidio è stato arrestato e l’impunità di cui godono è data da chi ha il potere di farlo e che comanda a Malta. Non si riesce a comprendere come sia possibile che lo Stato permetta questa impunibilità e le investigazioni sono fallite a fronte di una corruzione molto forte. Cerchiamo tutti insieme di fare pressione perché le istituzioni maltesi facciano il loro dovere e continuiamo a fare quello che Daphne ha svolto per trent’anni della sua vita. Un mestiere antipatico per chi a Malta cerca di far capire come ci sia molto da svelare e scrivere. I giornalisti non vengono protetti». Sandro Ruotolo giornalista che vive con la scorta si è soffermato su un aspetto importante di chi svolge la professione: «il giornalista rischia quando è solo ed è sovraesposto, quando gli altri colleghi non fanno il loro dovere e se il territorio in cui lavora non collabora, non lo sostiene e viene impedita l’informazione e se gli altri giornalisti non informano come fa lui.  Hanno paura di subire a loro volta delle minacce.

Ognuno di noi ha un punto di vista diverso e se l’informazione viene ritenuta una sola voce e un solo punto di vista, allora non è libera, ma sussiste il condizionamento della politica e del potere, come quello delle mafie che se sono presenti e la politica è corrotta, il territorio ne è subalterno, allora viene meno la libertà di poter informare». Sandro Ruotolo ha poi ricordato i nomi di molti giornalisti assassinati perché nel fare il loro lavoro avevano sfidato i mafiosi: «ma non erano dei pazzi ma solo dei coraggiosi cronisti capaci di trovare le prove dei loro crimini. A 59 anni io sono stato minacciato dalla camorra e faccio questo mestiere da quando avevo 18 anni. Noi non abbiamo la loro logica che li distingue ma voi (rivolgendosi ai presenti, ndr) avete bisogno di noi e i giornalisti hanno bisogno di voi, altrimenti l’indifferenza mette a rischio la nostra vita stessa». Paolo Borrometi vice direttore dell’Agi ha ricordato l’importanza dell’inchiesta svolta da Sandro Ruotolo per fanpage.it sul caso di Daphne Galizia e di come abbia evidenziato la gravità di un imputato sull’omicidio della giornalista, il quale ha chiamato a testimoniare le più alte cariche istituzionali maltesi, facendosi portavoce di un appello ideato da Ruotolo e rivolto a tutti i sindaci italiani per creare una rete a difesa dell’Articolo 21 della Costituzione, adottando ciascuno una panchina come quella di Ronchi (inaugurata sabato 26 ottobre) come segno visibile della libertà di stampa. Al dibattito era presente anche Floriana Bulfon giornalista del’Espresso minacciata dal clan dei Casamonica per le sue inchieste e autrice del libro “Casamonica. La storia segreta (edizioni BUR)

Valerio Lo Muzio video maker free lance ha raccontato la sua esperienza  accaduta in occasione del servizio video registrato nel riprendere il figlio dell’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini, salito a bordo di una moto d’acqua della Polizia, e del conseguente tentativo da parte degli agenti della sua scorta di non diffondere le immagini. Marilena Natale cronista televisiva che lavora in Campania (sotto scorta per le minacce subite dalla camorra) è fermamente convinta che «lo Stato siamo noi e i politici che ci rappresentano sono solo ruoli che ricoprono nelle istituzioni mentre noi giornalisti dobbiamo riprendere a fare le domande scomode a tutti, ad analizzare le infiltrazioni delle mafie e »di come riescano ad accedere all’economia con azioni criminali. Erano presenti anche Maria Teresa Ciancio presidente della Fondazione “Giuseppe Fava” , Cristiano Degano presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia e Carlo Muscatello presidente dell’Assostampa FVG.

Tiziana Ciavardini giornalista e antropologa ha illustrato le gravi violazioni perpetrate nei confronti dei giornalisti nel resto del mondo. «Molti stati attraverso repressioni e restrizioni nei confronti dei giornalisti tendono ad imbavagliare l’informazione. Stati quali la Cina, la Turchia, l’Egitto, l’Arabia Saudita, l’Iran e molti altri, attraverso l’uso della forza, della violenza e spesso della tortura, tendono ad intimidire chiunque dissenti dal Governo, spesso totalitario, vigente. Anche per questo noi giornalisti abbiamo il dovere di essere la voce di chi in quei paesi non è libero di esprimere.

Secondo i dati di ‘Reporter Without Borders’ al momento sono 31 i giornalisti uccisi nel 2019 e 235 quelli arrestati». Dopo aver ricordato attraverso foto e didascalie i casi dei tanti, troppi, giornalisti assassinati sia in Italia che nel resto del mondo come Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Ilaria Alpi, Miran Rovatin, Jamal Khassogi e Daphne Caruana Galizia, ha concluso affermando «che si può parlare di vera democrazia solo quando il giornalismo è libero ed indipendente, altrimenti possiamo decisamente chiamarla “dittatura”».  Alla manifestazione era presente inoltre il Sindacato unitario dei giornalisti della Campania con la delegata al pluralismo dell’informazione Roberta De Maddi: «Ci attiveremo subito anche in Campania per la “panchina della libertà di stampa”, quello di oggi è un seme che germoglierà in tutta Italia. In Campania abbiamo quattro giornalisti sotto scorta e tanti altri colleghi minacciati quotidianamente. Ci costituiamo parte civile nei processi contro gli aggressori ai nostri cronisti, li accompagniamo alle udienze, organizziamo manifestazioni nei luoghi dove avvengono minacce e ritorsioni e dove è difficile raccontare i territori. Con i tagli al fondo per il pluralismo in Campania sei testate chiuderanno dove lavorano cronisti che raccontano zone difficili nelle province di Napoli, Salerno, Benevento e Avellino. Abbiamo realizzato inoltre la Carta di Napoli per i diritti e doveri dei foto e video giornalisti, accesso ai luoghi, diritto d’autore, autoproduzione, sono temi importanti da difendere. Fare squadra è fondamentale, questi diritti non interessano solo “gli addetti ai lavori”, ma tutta la collettività».


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