Non ci sono giustificazioni. Con le sue logiche da algoritmo schizofrenico Facebook ha deciso di oscurare decine di profili pro curdi e sostenere di fatto il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, nell’inaccettabile attacco nella regione del Rojava. Un’operazione militare che non risparmia nessuno. Centinaia le vittime: uomini, combattenti e non, donne e bambini sacrificati sull’altare dell’autoritarismo di un regime che ormai non nasconde più i metodi autoritari e censori che hanno preso il sopravvento dentro e fuori i confini della Turchia.
Da ieri il social network di Mark Zuckenberg ha iniziato l’oscuramento di pagine e testate giornalistiche che avevano riportato fatti riguardanti l’aggressione turca al popolo curdo in Siria, che si è spinta fino a Kobane, luogo simbolo del contrato e della resistenza allo Stato islamico, anche a nome e per conto dell’Occidente.
La censura si è abbattuta in particolare sulle pagine di militanti curdi, di centri sociali e di organizzazioni che in questi giorni avevano divulgato notizie su quanto stava accadendo e che avevano espresso solidarietà ai curdi, in alcuni casi pubblicando immagini o bandiere del Partito dei lavoratori del Kurdistan.
La situazione è talmente grottesca che c’é da chiedersi se non si sia trattato di un gigantesco equivoco.
Ci sarebbe da augurarselo. Una sola cosa è certa, la tempistica è quanto meno improvvida.
Bene ha fatto, l’onorevole Nicola Fratoianni a chiedere un incontro ufficiale al country director di Facebook Italia per avanzare, da parlamentare italiano, la richiesta di chiarimenti sul perché di tale censura.
Come sancito nella nostra Costituzione la libertà di espressione è un diritto fondamentale. In Italia chiunque ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Articolo 21 docet.