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La libertà di informazione al “Festival del Viaggiatore” di Asolo

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Ogni vita è un viaggio” e le “Passioni” sono tante se si decide di partecipare al “Festival del Viaggiatore”,  come hanno fatto migliaia di visitatori – viaggiatori ad Asolo (in provincia di Treviso) dal 27 al 29 settembre scorso. Un festival curioso e alternativo, ricco di proposte ed eventi che spaziavano dallo sport alla musica classica, dall’architettura ai riti del tè come bevanda da consumare in compagnia: la fotografia e i “piaceri di Bacco”; cinema e letteratura; la cioccolata e i profumi. Asolo la “città dei cento orizzonti”: così chiamata, non a caso, dal poeta Giosuè Carducci, cittadina inerpicata sui colli e immersa nel verde dove sorgono ville e palazzi antichi, magioni e dimore in cui albergavano illustri ospiti internazionali, tra questi anche Eleonora Duse qui sepolta. Asolo è la sede del “Festival del Viaggiatore” da cinque edizioni firmato dalla direttrice artistica Emanuela Cananzi che ha invitato Giuseppe Giulietti presidente della FNSI domenica 29 settembre scorso affidandoli un tema attuale, controverso, e urgente (nella sua disamina alla ricerca di soluzioni per contrastarlo): quello delle fake news e la problematica di un giornalismo  incapace di mantenere il rigore etico che lo guidi. Una conversazione che aveva come titolo “Il piacere dell’incontro” moderato da Daniele Ferrazza (capocronista dei quotidiani locali del Veneto gruppo L’Espresso, è stato anche sindaco di Asolo), accolto nel parco di Villa Contarini o degli Armeni, aperta al pubblico per la prima volta grazie alla disponibilità della famiglia Beggio. Una location prestigiosa che merita di essere raccontata per la sua storia. Davanti a un pubblico attento e numeroso, tra i quali c’era Rocco Cerone segretario del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige – Südtirol, Monica Andolfatto segretaria del Sindacato giornalisti Veneto, Nicola Chiarini del direttivo Veneto, i colleghi Damiano Tormen e Marco D’incà, Giuseppe Giulietti ha dato ancora una volta prova del suo impegno etico, morale, deontologico e professionale, di come sia indispensabile fare chiarezza sul ruolo del giornalismo, con le problematiche annesse alla comunicazione. Il programma del suo intervento riportava in sintesi il pensiero condiviso da chi sostiene e difende valori e principi inalienabili della Costituzione e in particolare dell’Articolo 21: «le parole oggi sono spesso usate come pietre, costruiscono muri, interrompono dialoghi, creano lontananze, diffidenze, pregiudizi. Noi viaggiatori di questa terra abbiamo bisogno di ponti per incontrare altri mondi e scoprire la bellezza delle diversità e delle differenze. La difesa dell’Articolo 21, sulla libertà di espressione, è un patrimonio di tutti i cittadini e non solo dei giornalisti. Occorre quindi che tutti facciamo la nostra parte, perché la libera informazione, citando Pietro Calamandrei, “è come l’aria, capisci che è vitale solo quando comincia a mancarti, ma allora è già troppo tardi sei già vittima dell’asfissia”».

Daniele Ferrazza ha ricordato in apertura del dibattito come Asolo sia stata risparmiata dai bombardamenti della Raf per merito di una viaggiatrice e scrittrice inglese: Freya Stark (abitava in una villa dove soggiornò a lungo e  qui è stata sepolta) la quale scrisse una lettera a Winston Churchill affinché intercedesse sul Comando delle forze alleate. Dal 2018 il Museo Civico di Asolo le ha dedicato una sezione permanente che è ospitata nel Palazzo del Vescovado con l’annesso edificio della Loggia della Ragione.

«Ci sono lanciatori di pietre (con le parole, ndr) ma anche chi le usa per costruire ponti e mi riferisco alle parole di Papa Francesco, pronunciate perché sono alleati e volontari di pace. Chi sa ascoltare pensieri e parole intelligenti e si scambiano opinioni vuol dire che hanno già fatto una scelta. Questi sono luoghi antichi (Asolo, ndr) e chi promuove queste iniziative (il festival, ndr) sbaglia perché spende? È sbagliato pensare che pane e idee siano separabili? Qualcuno aveva detto che con il pane si mangia mentre con la cultura no – spiega Giulietti con la sua eloquente vivacità dialettica – , succede quando l’incompetente ha bisogno della bestemmia e dell’urlo per farsi conoscere. Le persone ignoranti non conoscono, ignorano e quindi spostano verso l’urlo, verso emozioni che procurano scariche di paura. Non mi voglio soffermare sulla descrizione del male ma preferisco la conoscenza e la descrizione delle idee e dei fatti reali. Potrei parlare dell’Apocalisse invece sposto l’attenzione sulla parola e verso la ferita, verso gli altri, i differenti da me. C’è invece chi usa “coltelli di carta” (riferendosi all’intervista di Bruno Vespa alla donna che ha subito violenza da parte dell’ex compagno, rischiando di morire. Io mi interesso ai differenti, ai malati, a chi è differente da me. Facendo così abbatti con le parole  tutte le differenze, la cultura che impone che vi siano. Se non lo fai può accadere che poi entrino dentro casa e diventi a tua volta differente». Giulietti ha poi citato la Carta di Assisi (“Non è un carta dei giornalisti né una carta deontologica, ma una dichiarazione di fratellanza universale contro il muro dell’odio, che chiama in causa tutti gli operatori di pace”, ha spiegato al momento della presentazione a Roma avvenuta nel mese di maggio scorso, ndr): «che da voce ai più deboli – e come spiegava bene il Cardinal Martini – è necessario illuminare le periferie oscurate, anche quelle vicine a casa tua. La crisi del giornalismo è causata anche dalle parole sconnesse con i fatti. La percezione che si percepisce è quella dell’imbroglio e diffidate (rivolgendosi al pubblico presente, ndr) degli articoli senza dati, numeri, senza giustificare le fonti. Diffidate dalle interviste senza interrompere la risposta di chi dice falsità e non convalida le sue affermazioni con dati reali». Alla domanda “quando è cominciata la deriva della cattiveria?”, il Presidente della Federazione nazionale della stampa ha risposto: «da quando si è iniziato a distruggere la competenza che non ha più valore. Se un medico non dimostra competenza non è un buon medico, lo stesso vale per un giornalista. Da quando  è iniziata la crisi della democrazia rappresentativa.

Basta leggere Stefano Rodotà e i suoi testi su diritti e tecnologia. La distruzione delle competenze è un progetto organizzato e se riesce nel suo intento diventa un disvalore. L’intermediazione e il pensiero critico diventa un nemico. Quello che è sotto attacco è il giornalismo critico, chi non urla, che non offende, consapevole di come le parole sono come pietre e che possono essere lanciate per abbattere, ma anche usate per costruire nella logica dell’inclusione mentre la mala informazione crea disprezzo del genere umano attraverso l’uso delle parole volgari. Non accade mai che venga restituita la dignità a chi è stato accusato senza prove e poi viene assolto. Io credo nella funzione critica e non serve essere laureati per esercitarla. Frequentavo gli operai delle fabbriche, loro sapevano documentarsi, studiare, leggere. La volontà di delegittimare la buona informazione parte da Trump ed è un processo esponenziale subito colto da tutti i giornali americani che hanno scioperato all’unanimità». La parola è poi passata a Monica Andolfatto segretaria del Sindacato dei giornalisti Veneto per dare l’annuncio dell’iniziativa a cura della FNSI e del Sindacato giornalisti Veneto (giovedì 3 ottobre a Padova)  dove verrà firmato del rettore dell’Università di Padova: il  primo protocollo nazionale per la promozione e la sperimentazione di azioni integrate e coordinate in materia di inclusione sul quale innestare corsi di alta formazione e un laboratorio di analisi e ricerca sulle fake news in una logica interdisciplinare e multidisciplinare.

Giuseppe Giulietti ha concluso citando il problema del finanziamento all’editoria: «siamo al terzultimo posto in Europa per i contributi editoriali e ai giornali. Negli altri paesi il sostegno c’è e non è venuto a mancare. Prima hanno deciso di tagliare il 10 per cento, poi il 50 e infine il 100 e dopo si sono dedicati alla riforma. Caso mai si doveva fare il contrario e se risulta che una cooperativa non risponde ai requisiti richiesti va chiusa. O chi ruba sui finanziamenti va arrestato. Il governo deve procedere verso i banditi e salvi i giornalisti onesti e le cooperative oneste. Spegnere le voci libere è la premessa ad un regime. Dobbiamo ripartire dal sé e dalla lettura alla risposta emotiva, rispettare il pensiero critico e cito ancora Stefano Rodotà quando studiava la rete parlava della democrazia digitale e l’uso del voto elettronico. Prima viene la piazza pubblica , la formazione e poi il voto. Non concepiva l’eliminazione dell’agorà». L’agorà che era presente al dibattito con la discussione e le domande, l’incontro di pensieri e di idee davanti ad un panorama che ad Asolo permette di ammirare “cento orizzonti” e non il pensiero omologante.


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