Un pubblico attento e numeroso, non un solo posto rimasto libero al Teatro della Compagnia a Firenze, e un insieme di contenuti e personalità di altro livello, dal vicepresidente del Csm David Ermini al sottosegretario all’Editoria Andrea Martella. Il convegno promosso dalla Fondazione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana su “L’informazione dotto scorta” è stato decisamente un successo. Una su tutte la convinzione dei relatori presenti: inasprire le pene contro chi minaccia i giornalisti ma allo stesso tempo abbattere anche tutti gli ostacoli che rendono difficile per un giornalista lavorare ogni giorno, a cominciare dal precariato. Ma prima di ogni cosa promuovere una presa di coscienza collettiva sull’importanza di avere una stampa libera.
Al convegno, che ha ricevuto il patrocinio di Comune di Firenze, Ordine Nazionale dei giornalisti, Federazione nazionale della Stampa, Associazione Stampa Toscana, Cgil Cisl e Uil Toscana, sono stati affrontati tutti i temi legati alla professione del giornalista oggi.
A portare i saluti sono stati Carlo Bartoli, presidente della Fondazione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana e Dario Nardella, sindaco di Firenze il quale sostiene la proposta di aumentare le pene per chiunque si renda responsabile di minacce o violenza nei confronti di giornalisti. Una proposta ben accolta anche da Ermini, intervenuto nella prima parte del convegno, moderato dalla giornalista Sara Lucaroni, e al quale hanno partecipato anche Guido d’Ubaldo, segretario Cnog e il prefetto di Firenze, Laura Lega. Il vicepresidente del Csm ha ricordato però che inasprire le pene non può bastare senza un lavoro generale per formare una coscienza collettiva sull’importanza di avere una stampa libera. D’accordo anche il sottosegretario all’editoria Martella: quest’ultimo, nel suo intervento, ha anche auspicato che il Parlamento possa approvare presto la proposta di legge per l’abolizione del carcere per i giornalisti e per porre un freno alle cosiddette querele temerarie, oltre alle norme sull’equo compenso.
L’attacco alla libertà di informazione infatti non risiede solo nella mia violenza fisica ma anche nelle intimidazioni economiche e nellavprecarietà nella quale molti giornalisti sono costretti a lavorare.
Aspetti che sono emersi nella seconda parte del convegno, con le testimonianze di alcuni giornalisti minacciati e con l’intervento della vicepresidente dell’Ordine Nazionale, Elisabetta Cosci.
“Agli insulti e alle minacce via social ti ci abitui, seppur non sia una bella cosa. Pensi che gli haters non vadano mai oltre la tastiera. Ma quando ti arriva una lettera in cui ti dicono fermati o sono guai, con tanto di rivendicazione, beh… in quel momento la sicurezza vacilla. E non è facile rimanere sereni quando ti dicono che hai bisogno di sorveglianza” ha raccontato Antonella Napoli, giornalista minacciata dai Fratelli musulmani per le sue inchieste sull’Egitto e sul Sudan intervenendo al convegno ‘.
“Nei giorni scorsi mi è stato comunicato che è stata disposta a mia tutela una sorveglianza dinamica radio controllata – ha raccontata per la prima volta pubblicamente la Napoli, da anni impegnata con Articolo 21 nella difesa del diritto alla libertà di informazione e direttore di Focus on Africa, il primo magazine italiano dedicato al continente africano – Non è mai un bel giorno quando ti danno una notizia del genere, come sa bene anche il collega Nello Scavo, finito di recente sotto tutela. Ma non posso che ringraziare le forze dell’ordine che con il loro sguardo vigile mi permettono di continuare a fare il mio mestiere con serenità. O quanto meno provarci. Vi assicuro che quando lavori da precaria è un supporto fondamentale” ha concluso la giornalista.
Anche Federico Gervasoni, collaboratore del Giornale di Brescia e de La Stampa, minacciato da esponenti di movimenti neofascisti per le sue inchieste ha raccontato le difficoltà di vivere e lavorare dopo aver ricevuto minacce sottolineando i problemi che, come giornalista freelance, si incontrano ogni giorno, tra paghe basse, mancanza di turn over nelle redazioni e sempre meno incentivi ad effettuare inchieste.
Federico Ruffo, giornalista e conduttore televisivo che nel novembre 2018 ha subito un attentato incendiario al proprio appartamento, ha inviato una sua video testimonianza non avendo potuto essere presente perché impegnato a Roma per la prima udienza del processo per minacce a due colleghi dell’Espresso da esponenti di estrema destra.
A chiudere i lavori è stato il segretario della Fnsi, Raffele Lorusso, che ha sottolineato come le minacce ad un giornalista sono minacce a tutta la democrazia. Per questo Fnsi ha deciso di costituirsi come parte civile in ogni processo contro giornalisti. Lorusso ha ricordato anche l’impegno del sindacato per fare approvare la legge contro le querele temerarie e la necessità di riportare al centro dell’attenzione il tema del lavoro, per combattere il precariato.