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Il mafioso neutrale non esiste. Riflessioni a margine della sentenza della consulta

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Non condivido la sentenza della Corte Costituzionale. Che reputa applicabili i benefici di pena anche ai mafiosi, purché abbiano reciso ogni legame con la mafia, anche senza aver reso dichiarazioni utili a indebolirla.  Non esiste il mafioso “neutrale” – presupposto dalla sentenza della Consulta – che non stia né con la cosca, né con lo Stato. Solo la collaborazione con la magistratura dà certezza alla dissociazione. Ed è logico così, perché un mafioso “muto” ha solo sospeso la sua militanza. Ma nell’intimo è pronto a riprenderla non appena sia nelle condizioni di farlo con un permesso. A chi parla di rieducazione a prescindere dalla dissociazione, chiedo: basta la buona condotta o la frequenza a un corso di ceramica per dire cessato il pericolo sociale di un boss? Sanno i supremi giudici che un mafioso che non parla durante la prigionia è definito un “eroe” dagli altri mafiosi? Confesso che è una lacerazione profonda questa sentenza, perché dà la sensazione che la “trattativa Stato-mafia” si sia conclusa. Ma non a favore della legalità, il patto sociale che difende gli inermi.

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