Il dopo-Umbria. Fibrillazioni tra Pd e M5S

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Di Maio evoca la terza via e Zingaretti lo corregge: “con l’8% dove vai?”. Nessun effetto sul governo, dicono. Le analisi del voto dell’Istituto Cattaneo

Di Pino Salerno

Le elezioni in Umbria sono andate come tutti si aspettavano nel Movimento 5 Stelle. Un nuovo capitombolo e roulette russa che riparte, con il tamburo che si avvicina sempre più pericolosamente alla camera di scoppio che contiene il proiettile. L’impugnatura, ovviamente, è nelle mani di Luigi Di Maio. Che neppure la voleva questa alleanza con il Partito democratico, anzi l’ha subita per volontà del garante e co-fondatore, Beppe Grillo. A rendere meno amaro il boccone è stata la presenza di Nicola Zingaretti, comunque una figura diametralmente opposta a quella di Matteo Renzi. Il feeling tra i due ha poi portato all’esperimento umbro, sponsorizzato fortissimamente da Dario Franceschini, vero pontiere tra i due mondi in aperta battaglia fino a poche settimane prima. Il test è andato male e di colpo sono riprese le onde anomale del dissenso interno al Movimento, fino ad ora fermo sulla riva del fiume – nel caso specifico il tratto alto del Tevere – aspettando il cadavere del ‘nemico’ su di un letto di petali verdi e l’effigie di Alberto da Giussano in bella mostra. Ora tocca a Di Maio tappare la bocca a chi già schiarisce la voce per intonargli il de profundis.

La realtà dei fatti dice, intanto, che Di Maio non tocca il governo, ma si tira indietro per le prossime sfide amministrative in Calabria ed Emilia Romagna, nuovo obiettivo dell’ex alleato Matteo Salvini per mandare a casa Giuseppe Conte e il suo ministro degli Esteri. Il capo politico incontrerà martedì 29 ottobre gli eletti delle due regioni per impostare la campagna e spiegare che si torna alla ‘terza via’, né con Zingaretti (e Renzi), né col centrodestra a trazione leghista. Se sconfitte dovranno essere, almeno che siano frutto del sacco pentastellato. Malpancisti, ‘vedove’ del governo giallo-verde e tifosi del Patto civico se ne facciano una ragione. Il primo approccio col dissenso, comunque, Di Maio lo avrà sempre nella serata di martedì 29 ottobre, quando si riunirà per la quarta volta l’assemblea dei deputati per scegliere il nuovo direttivo e il capogruppo che dovrà prendere il posto di Francesco D’Uva. La quadra è lontanissima, le anime interne non trovano un’intesa su una candidatura non divisiva e intanto la discussione sulla legge di Bilancio a Montecitorio si avvicina. I ‘governisti’ la spunteranno con Francesco Silvestri o saranno i duri e puri a prevalere con Raffaele Trano? O ancora tra i due ‘litiganti’ a godere sarà l’ex sottosegretario Davide Crippa? Le ‘voci di dentro’ suggeriscono di tenere d’occhio anche l’opzione di un Mister o una Miss X, cioè un outsider che finora è rimasto alla finestra ma gode della stima della maggioranza dei suoi colleghi. Insomma, al momento nel Cinquestelle si naviga a vista, stando bene attenti a non passare sulla riva sbagliata del fiume.

Il PD stretto tra M5S da una parte e Matteo Renzi dall’altra pronti a distinguersi, a ‘piantare bandierine’ come è stato sulla manovra

Il PD che ha dovuto ingoiare il voto sul taglio dei parlamentari con garanzie di ‘contrappesi’ dilatate nel tempo, che ha dovuto ascoltare ogni giorno il mantra grillino sul carcere ai grandi evasori e oggi Luigi Di Maio che torna pure a mettere in discussione il programma condiviso rilanciando la formula gialloverde del contratto. E allora la domanda è: ha senso andare avanti così? Oggi Nicola Zingaretti e, in modo ancora più esplicito, Goffredo Bettini una risposta l’hanno data. “L’alleanza ha senso solo ed esclusivamente se vive in questo comune sentire delle forze politiche che ne fanno parte, altrimenti la sua esistenza è inutile e sarà meglio trarne le conseguenze”, scandisce. Un avvertimento? Una minaccia? No, dicono dal Nazareno, “una considerazione”. Non nuova del resto. Già nei giorni di tensione sulla manovra, il segretario del PD aveva messo in guardia dalle polemiche quotidiane nel governo. Ed ora che la manovra sta per arrivare in Parlamento, i dem si aspettano tutto un altro atteggiamento dai partner di governo. “Sarà un banco di prova”. In Transatlantico, intanto, la parola ‘elezioni’ torna a farsi sentire tra i capannelli dei parlamentari dem. Ora c’è la manovra ma poi superata la sessione di bilancio… Anche se nel PD non tutti condividono questa insofferenza. Franceschini resta ‘alfiere’ dall’ala governista e oggi è tornato a difendere l’alleanza con i 5 Stelle. Prudente poi l’area Lotti-Guerini che domani riunirà la componente. Bene aver rimesso alla valutazione ‘caso per caso’ l’alleanza con i 5 Stelle, ma il governo deve andare avanti, è la riflessione dell’area.

Dice Bettini: “Il centro destra è sostanzialmente unito, agguerrito, motivato, sulle strade da intraprendere. Il nostro campo è invece bombardato dalla conflittualità, dalla competizione interna, dalla irresponsabilità di molti. A una destra unita serve contrapporre un centro sinistra unito”, argomenta. Fermo restando che il voto in Umbria conferma la centralità del PD in uno schieramento alternativo alla destra. Sempre Bettini: “Il PD in Umbria è il solo partito del campo democratico che non subisce una flessione, tenendo conto che rispetto alle europee ha perso il contributo di Calenda, di Renzi e di Leu. Dunque resta un partito fondamentale per ogni strategia di rivincita. Tale strategia si fonda sul suo rafforzamento in strettissima connessione con un allargamento e rafforzamento di uno schieramento più ampio e tendenzialmente maggioritario”. Di tutto questo se ne potrebbe discutere in una Direzione (non convocata ancora) o al più tardi tra due settimane alla 3 giorni a Bologna in cui si svolgerà anche l’assemblea nazionale dem. ”L’impegno comune tra centrosinistra e 5 stelle è per me la strada giusta. Dobbiamo, insieme, rimettere al centro la questione sociale e affermare la lotta alle diseguaglianze come premessa fondamentale per la crescita di tutto il Paese” scrive a sua volta su Facebook il segretario nazionale di Articolo Uno, ministro di Leu, Roberto Speranza. ”Per battere la destra – prosegue – c’è una sola strada: prosciugare le ragioni sociali che hanno alimentato la sua forza. Siamo al governo per questo. Dobbiamo dimostrare con scelte concrete la nostra capacità di incidere sulla vita delle persone, fermando polemiche insopportabili e distinguo che non portano lontano”. ”La sconfitta in Umbria, anche se ampiamente prevista e con cause locali molto marcate, è stata dura e merita una seria riflessione. Trarre conclusioni, in merito a future alleanze, da una singola esperienza sarebbe però un errore”, conclude Speranza nel post.

Le analisi sui flussi elettorali dell’Istituto Cattaneo: M5S in crisi d’identità, il Pd incapace di intercettare voti

Il declino elettorale di un Movimento 5 Stelle in crisi di identità, l’incapacità del Pd di riconquistare terreno e la Lega di Salvini in una situazione di oggettivo comando con il partito di Berlusconi (l’alleato più moderato nella coalizione) a pagarne le spese più alte. Dopo la netta vittoria del centrodestra “si può definitivamente abbassare il sipario sulla tradizionale ‘subcultura rossa’ in Umbria”: questa in estrema sintesi l’analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna del voto di ieri in Umbria messo in relazione all’ultimo ciclo di elezioni regionali. La Lega risulta “il partito più votato nel 90% dei comuni dell’Umbria – si sottolinea nello studio – con una concentrazione dei consensi leggermente più forte nelle aree esterne dei territori di Assisi, Foligno e Terni. In ogni caso, è evidente che l’immagine dell’Umbria come ‘regione rossa’ non puo’ più essere applicata alla situazione politica attuale che, a partire dalle europee del 2019, è sempre più assimilabile, sul piano elettorale, a una ‘regione verde’. Se a questo dato si aggiunge che oltre il 60% delle amministrazioni comunali umbre è già controllato dalla coalizione di centrodestra, si può definitivamente abbassare il sipario sulla tradizionale ‘subcultura rossa’ in Umbria”. Le elezioni regionali del 2019 in Umbria “segnalano certamente alcune importanti novità se osservate in una prospettiva di lungo periodo, a partire dalla conquista di una regione tradizionalmente ‘rossa’ da parte di uno schieramento di centrodestra in cui risulta predominante – si rileva nello studio – la componente sovranista legata alla Lega e a Fratelli d’Italia”.

Un altro dato che il voto regionale in Umbria condivide con le ultime consultazioni regionali, mette in luce l’Istituto Cattaneo, “è il declino elettorale del Movimento 5 stelle“. Se in passato “si poteva ipotizzare che le cause fossero legate soltanto alla natura digitale del partito e, quindi, all’impreparazione nella gestione delle competizioni locali, il voto regionale in Umbria così come quelli precedenti mostrano l’esistenza di difficoltà più profonde che riguardano non più o non tanto la struttura organizzativa del partito ma – emerge dall’analisi – l’identità stessa del M5s, intrappolato in un limbo tra le attuali cariche di governo e l’iniziale carica di opposizione al sistema, incerto sulla propria collocazione a destra del Partito democratico e a sinistra della Lega, malfermo sull’originaria contrapposizione all’Europa e la sostanziale, benché passiva, adesione alle logiche di potere sovranazionali”. Infine, nel centrosinistra la situazione appare “congelata dopo la ‘sconfitta storica’ del 2018, nonostante i tentativi di ri-organizzazione interna e le nuove promesse imprese di partiti personali”.

Da jobsnews


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