Dalle vignette di Zerocalcare, alla pagina di Binxet – Sotto il Confine , documentario di Luigi d’Alife, narrato da Elio Germano, che racconta la resistenza del Rojava, il Kurdistan siriano, alla foto del reporter Michele Lapini, scattata durante un corteo di solidarietà con il popolo curdo a Bologna, a Contropiano, Global Project, Ya Basta, MilanoInMovimento, Diem 25 Italia. e moltissime altre pagine social, solidali con il popolo curdo sotto attacco delle truppe del presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan: tutte oscurate dalle piattaforme Facebook e Instagram. La formula utilizzata per censurare le pagine è in sintesi sempre la stessa “violazione degli standard della community”. Oppure: “Sembra che un’attività recente sulla tua pagina non rispetti le condizioni di servizio delle pagine Facebook”. Formule che nascondono, nei fatti, una lampate censura nei confronti di chi sta facendo informazione sulla tragica invasione del Kurdistan, nel Nordest della Siria, in atto da parte delle forze militari turche, appoggiate da milizie jihadiste. Un rovesciamento di senso, si censurano le voci solidali con chi, l’esercito curdo, ha difeso l’Occidente, e sconfitto in prima persona lo Stato Islamico, l’Isis, schierandosi nei fatti dalla parte dell’invasore. Ma, d’altra parte, l’iniziativa censoria della piattaforma social di Mark Zuckerberg, che avrebbe come fine dichiarato la cancellazione dei contenuti d’odio e “hate speech”, a livello globale, attraverso l’utilizzo di algoritmi, incapaci di interpretare la geopolitica, rivela una distorsione enorme sul piano della democrazia: i social network, come Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, operando in accordo con i propri termini di servizio, appunto gli standard della community, diventano “legislatori di se stessi” privatizzando di fatto il sistema di tutela dei diritti fondamentali della persona, e aggirando le Costituzioni degli Stati e il ruolo di supervisione della magistratura.
Alla luce del recente Regolamento dell’Autority per le Telecomunicazioni (giugno 2019), contro le espressioni d’odio, che si rivolge anche alle reti social, è necessario che vi sia un chiarimento a livello istituzionale affinché la “repressione” dell’incitamento all’odio esca dell’ambito privatistico, e sia affidata ad un soggetto pubblico che eserciti correttamente il ruolo sanzionatorio. Questa, a nostro giudizio, è l’unica strada per evitare incidenti come quelli citati quando ad essere colpito da censura è chi esercita il diritto di informare, sancito dall’articolo 21 della nostra Costituzione.
Articolo 21 esprime la propria profonda contrarietà rispetto alle iniziative, di fatto censorie, di Facebook, e si farà promotore di una richiesta di ripristino delle pagine censurate, nel corso dell’incontro che si terrà nella sede del Sindacato dei Giornalisti del Veneto a Venezia, venerdì 18 ottobre, con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega per l’editoria, Andrea Martella.