Un anno fa eravamo a Malta, a chiedere verità e giustizia per Daphne Caruana Galizia, nel primo anniversario del suo assassinio. Una “missione” organizzata da diverse ONG che si battono per la libertà di espressione e alla quale ha preso parte una rappresentanza della Federazione europea dei giornalisti e della Federazione nazionale della Stampa italiana ha cercato invano di ottenere l’apertura di un’inchiesta pubblica sulla morte di Daphne. Insieme a migliaia di persone che finalmente erano scese in strada nelle vie de La Valletta, abbiamo manifestato e chiesto a gran voce che la verità sulla morte della giornalista venisse finalmente a galla. Ma oggi, dopo un altro anno da quel giorno in cui l’auto di Daphne saltò in aria a pochi metri da casa sua, i mandanti dell’omicidio non sono ancora noti. A maggio il Consiglio d’Europa ha criticato duramente le autorità maltesi per non avere garantito indagini efficaci sull’assassinio.
Eppure nella sua terra questa donna coraggiosa, che ha perso la vita perché ha denunciato la corruzione, la delinquenza organizzata, le società offshore colluse con la politica e tutto ciò che ha fatto di Malta una specie di quartier generale della mafia europea, è spesso vista come quella che “se l’è cercata”.
Ma né le critiche, né l’indifferenza, e nemmeno le minacce e gli “avvertimenti” che aveva subito prima di essere uccisa erano riusciti a fermare la sua penna.
Le autorità maltesi non hanno fatto nulla per proteggerla e non hanno mai onorato la sua memoria. Nel resto d’Europa, Daphne è però diventata un simbolo : quello del giornalismo libero, tenace, coraggioso, di inchiesta. Tra due giorni uscirà il libro che raccoglie le sue inchieste e alcuni dei suoi post sul blog Running commentary: si intitola “Di’ la Verità anche se la tua voce trema “ e aiuterà tutti a non dimenticare mai.