La questione curda in Siria resta uno dei principali nodi nella ricerca della soluzione politica del conflitto in corso. In realtà il destino del popolo curdo in Siria è diventato parte di quello del resto dei siriani, a partire dalla pubblicazione dell’Accordo Sykes-Picot nel 1916 che ha materliazzato l’entità siriana attuale, aprendo la strada verso il mandato francese. Ma per analizzare meglio le loro rivendicazioni lungo gli ultimi 60 anni, sarebbe utile leggere alcuni dati storici e demografici sui curdi nel Paese.
Storia e popolazione:
I curdi siriani risiedono nella Siria nord-orientale, nell’area di al Jazira (nord-est), e nel nord di Aleppo. Inoltre, un gran numero vive nelle città di Aleppo (nord) e la capitale Damasco, nonchè nei governatorati di Hama (centro), Raqqa (est), Lattakia (nord-ovest) e Daraa (sud). La popolazione curda parla il Kurmanji (Kurmancî), per cui non ci sono barriere linguistiche tra i suoi componenti. Ma i curdi imparano la loro lingua dalle loro famiglie, e dai partiti curdi che organizzano corsi segreti per insegnare a leggere e scrivere il Kurmanji, poiché l’arabo resta l’unica lingua ufficiale del paese dal 1946, data dell’indipendenza. Politicamente, la prima significativa presenza curda nella Siria naturale nella storia islamica, risale agli Ayyubidi (1147), che hanno scelto Damasco come loro capitale fino al 1254. E agli Ayyubidi appartiene buona parte dei curdi dei grandi centri : Damasco, Aleppo e Hama . Ma nel ventesimo secolo che comincia a registrarsi un’aumento demografico dei curdi in Siria, dovuto in primo luogo all’emigrazione massiccia dalla Turchia, iniziata nel 1925, e andata avanti fino al 1963, data della conquista del potere da parte del partito Baath. La migrazione di curdi e armeni in Siria portò a un raddoppio significativo della popolazione del Paese, in particolare nell’area di al Jazira. All’inizio degli anni 40, con l’aiuto determinante del mandato francese, circa 100 mila curdi erano in grado di possedere terreni nell’area di al Jazira siriana, permettendo loro anche di ottenere un documento di identità siriano. Ma la legge sulla riforma agraria della Repubblica araba unita (nome dell’unione dell’Egitto e della Siria durata dal 1958 al 1961) ebbe il maggiore impatto sulla seconda ondata di immigrazione che portò decine di migliaia di curdi turchi verso ”al Jazira” , dove la terra veniva distribuita ai contadini senza discriminazioni.
La vita politica :
La prima formazione politica curda è stata istituita nel 1957 sotto il nome del Partito Democratico Curdo in Siria (KDPS), grazie agli sforzi di diverse personalità, tra cui Noureddine Zaza, il suo primo segretario generale. Le divisioni sono state la caratteristica più importante della vita politica curda, e la causa principale della nascita di sempre nuovi movimenti. Così, alla vigilia della rivoluzione siriana nel 2011, si potevano contare almeno 30 partiti politici. Certamente non tutti erano grandi, e nessuno poteva operare legalmente per il monopolio del partito Baath.
Rivendicazioni :
Nonostante la loro abbondanza, un elemento ha sempre accomunato i programmi dei partiti curdi in Siria, ossia la rivedicazione dei diritti politici e culturali sotto l’ombrello nazionale. A partire degli anni sessanta, e con il cambio dei regimi, nessuna formazione curda si era mai impegnata in una battaglia contro altre componenti politiche e sociali, preferendo di ribadire le richieste di vita dignitosa per tutti i cittadini a prescindere dalla religione e dall’etnia. La rivolta curda a Qamishli nel 2004, è stata senza dubbio un punto di svolta nella lotta politica dei curdi siriani. Questo evento sanguinoso che ha portato all’uccisione da parte della polizia di molti giovani curdi nello stadio di Qamishli e all’arresto di oltre 5000 giovani, era la prima prova della capacità dell’opposizione siriana di poter lavorare insieme alle formazioni curde per un progetto politico comune.
Ma la guerra dell’Iraq, e la neo costituita autonomia curda nel nord del Paese, hanno contribuito ad alimentare la paura (dell’opposizione) di ripetere il modello curdo iracheno in Siria. La rivoluzione siriana è stata un altro test per il riconoscimento dei diritti dei curdi, ma questa volta non dal regime siriano bensì dagli organi dell’opposizione in esilio. Purtroppo, e nonostante le varie dichiarazioni dei principali movimenti ribelli, in particolare quelli islamici, sulla giustezza dei diritti dei curdi, la pratica ha dimostrato che nessun partito curdo poteva essere accolto come tale. Al di là del destino dell’entità creata nel nord dalle Consiglio democratico siriano (a guida curda), e delle future alleanze con il regime siriano, il progetto politico curdo richiede una riflessione attenta da parte di tutte le formazioni politiche siriane dell’opposizione.
E se tutti i partiti curdi sono unanimi ancora sulle rivendicazioni dei diritti culturali e politici nella nuova Siria (insieme a tutte le componenti dell’opposizione), e non sulla secessione, restano tre punti nodali da chiarire per la tracciare una soluzione valida della questione curda in Siria. Il primo riguarda l’opportunità di partecipare alle prossime trattative per il Comitato costituzionale che sarà incaricato di redigere una nuova Costituzione per il Paese, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il secondo è relativo al dovere di riconoscere i diritti culturali dei curdi, come parte fondamentale della società siriana, tenendo in considerazione che i diritti politici dovranno essere garantiti a tutti i cittadini senza distinzione di etnia. Il terzo punto attiene alla futura forma dello Stato siriano, su cui dovranno essere coinvolti anche i curdi, insieme agli altri componenti, senza esclusione di proposte, anche quelle federali. Resta da dire che lo scoppio della rivoluzione siriana, che è il risultato di decenni di tensioni politiche economiche e sociali, irrisolte, ha dimostrato che sostituire il dialogo trasparente e democratico con la repressione brutale non può che aggravare i conflitti.
*Giornalista siriano